Posts From febbraio, 2022

VALORE DEGLI IMMOBILI E COVID 19

La pandemia ha stravolto le nostre abitudini in casa e di conseguenza anche i desideri di acquisto. Elementi che prima erano un ostacolo alla vendita di un immobile oggi possono essere un vantaggio. E l’architettura dovrà adeguarsi.

La pandemia che stiamo vivendo ha portato un radicale cambiamento nei costumi di vita degli italiani. Le costrizioni a cui tutti siamo stati sottoposti in questi ultimi 18 mesi, dovute al Covid 19, hanno portato il “cliente immobiliare” a cambiare le proprie strategie di acquisto. Quello che prima dello stato pandemico era visto come un problema per la vendita di un’immobile si è rilevato una necessità e in alcuni casi una vera e propria fortuna. Parliamo delle proprietà immobiliari con spazi esterni, con una differenza sostanziale tra balconi e terrazzi che sono sempre stati elementi accessori molto importanti ai fini di una valutazione di un immobile, rispetto ai giardini esterni che venivano considerati qualcosa di negativo o poco interessante, ed in alcuni casi elementi di svalutazione dell’immobile.

Questa nuova situazione venutasi a configurare ha fatto si che l’elemento giardino-terrazzato, che troviamo al piano terra, sia divenuto oggi, una nuova opportunità di vita e un elemento di attenta valutazione nell’acquisto immobiliare.

Le persone si sono trovate con l’esigenza di avere uno spazio che potesse avere la funzione ad esempio di luogo di svago per i figli, o dove poter svolgere il proprio lavoro da casa, o più semplicemente di luogo dove poter passare momenti di vita quotidiana in attesa di tempi più …..liberi.

Lo smartworking ha accentuato tutto questo e ha fatto sì che quello che per il mercato immobiliare era stato un elemento di scarso interesse diventasse un qualcosa di molto appetibile e ricercato.

Infatti in una corretta valutazione immobiliare i piani terra subivano una svalutazione del 10-15% rispetto al valore di mercato di un secondo o terzo piano nello stesso stabile. Ora, dalle ricerche di mercato effettuate, dai dati delle ultime compravendite e dalle continue richieste che arrivano quotidianamente alle agenzie, questo divario si è quasi azzerato.

L’esigenza di avere uno spazio esterno ora, domina il mercato immobiliare, di qualunque natura esso sia (giardino ,terrazzo, balcone). Si può affermare, senza reale possibilità di smentita, che con la nuova esigenza del lavoro a distanza il settore immobiliare stia subendo delle modifiche significative. Molte persone cominciano a spostarsi verso i piccoli paesi, ai confini delle grandi città, magari in aree interne, dove la vita non è frenetica e non mancano gli spazi esterni richiesti.

Anche le nuove costruzioni si modificano con spazi più ampi dove poter svolgere il proprio lavoro da casa.

Oggi le abitazioni non sono più solo spazi “dormitorio”. Per esempio le camere da letto si possono ripensare durante il giorno in uffici e lo stesso vale per i soggiorni che possono essere convertiti in alcune ore del giorno in palestre.

Anche l’architettura dovrà adattarsi a questi mutamenti pensando a spazi più grandi e modificandoli secondo le nuove esigenze. Come conseguenza di tutto ciò anche i luoghi in comune dei condomìni subiranno modifiche e dovranno essere adeguati tenendo nella dovuta considerazione i nuovi bisogni della collettività.

di Giovanni Romani, agente immobiliare per il Magazine Condominio Zero Problemi

LONDRA, CRESCE IL MERCATO IMMOBILIARE.

Guida agli investimenti con tutti i budget.

Nonostante la Brexit Londra resta uno dei mercati più floridi per l’immobiliare. Abbiamo cercato di capire perché e che prospettive hanno oggi gli investimenti nel Regno Unito. Se pensate che serva un patrimonio vi sbagliate. Ecco una guida per tutte (o quasi) le tasche.

In ogni portafoglio di investimenti, l’immobiliare dovrebbe avere sempre un ruolo importante, sia per garantirsi un flusso di cassa a medio-lungo termine, sia per proteggersi dall’inflazione, che è attualmente in rialzo dopo anni in cui era ai minimi. Tuttavia, non è sempre semplice individuare il tipo di asset immobiliare su cui puntare (residenziale o commerciale?) e soprattutto la location che garantisca le migliori performance sia in termini di ritorno da locazione, che di apprezzamento del capitale.

Perché investire nel mercato immobiliare a Londra

Uno dei mercati più floridi a livello europeo e mondiale è storicamente quello del Regno Unito e di Londra in particolare. Perché? In primis, la popolazione del Regno Unito è in costante aumento e si stima che entro il 2036 gli abitanti della sola capitale britannica saranno circa 1,4 milioni in più. Ciò determina un costante aumento della domanda di nuove abitazioni, ed infatti è stato stimato dal Governo di Sua Maestà che sono necessarie 345 mila nuove case all’anno fino almeno al 2031, soltanto per soddisfare la domanda interna. Questo fenomeno ha come conseguenza un costante aumento dei prezzi degli appartamenti ed un basso rischio di bolle immobiliari, situazione ideale per investimenti a medio e lungo termine. Recenti dati di Knight Frank hanno infatti stimato una previsione di crescita dei prezzi del 15% per quanto riguarda gli acquisti e del 10% per quanto riguarda le locazioni entro il 2024, nonostante la Brexit.

Inoltre, a rendere gli investimenti immobiliari nel Regno Unito attraenti contribuiscono un sistema burocratico snello ed un sistema giudiziario rapido e certo, sia per quanto riguarda le questioni amministrative relative al settore immobiliare (permessi per costruire, licenze, etc.…), sia in caso di controversie sulle locazioni, con procedure di sfratto semplificate in caso di morosità dei conduttori.

Come massimizzare il ritorno dall’investimento?

Il vantaggio degli investimenti immobiliari diretti, ossia l’acquisto di immobili residenziali o commerciali con la finalità di ottenere, ad esempio, un ritorno da locazione, è di garantirsi un flusso di cassa relativamente stabile e sicuro ed allo stesso tempo (se la scelta dell’immobile e della location sono fatte con criterio) un aumento del capitale nel corso degli anni. Tuttavia, trattandosi di asset generalmente indivisibili ed illiquidi, è spesso difficile per i singoli investitori “entrare” in uno specifico mercato immobiliare, in quanto il capitale iniziale richiesto potrebbe essere elevato. Ad esempio, il prezzo di ingresso per l’acquisto di un appartamento di piccolo taglio a Londra è di almeno il corrispettivo in sterline di circa 300 mila euro (inclusi i costi di acquisizione).

Il ritorno dall’investimento lordo varia (a seconda della zona) dal 3 al 5% in media, ma il ritorno netto “before tax” è in genere di un punto percentuale più basso. Si tratta sicuramente di investimenti a rischio molto basso e nel lungo periodo è storicamente provato che costituiscono una delle alternative migliori anche rispetto ad altre forme di investimento in titoli (azionari od obbligazionari), ma purtroppo potrebbero non essere alla portata di tutti, a meno che non ci si avvalga di una leva finanziaria, ed in tal modo il ROI (Return on investment) sarebbe sicuramente più elevato.

Alternative interessanti per migliorare le performance di investimento buy-to-let sono il settore commerciale (che però richiede competenze ed avversione al rischio diversi) ed il multi-let”, ossia l’acquisto di unità immobiliari che possono essere locate a più persone (ad esempio stanze o miniappartamenti) nelle forme dell’HMO (House in Multiple Occupation) o residenze per studenti/co-living. Con queste strategie si possono ottenere ritorni dall’investimento anche fino al 10% annuo.

Come investire in immobili con capitali minimi

Per chi vuole esporsi sul mercato immobiliare in maniera ancor più diversificata ed eventualmente con capitali meno impegnativi, c’è la strada dei cosiddetti investimenti immobiliari indiretti.

Tra questi, ad esempio, vi sono le partecipazioni in joint venture immobiliari, in cui l’investitore assume un ruolo passivo e limitato all’apporto di capitale in un progetto di sviluppo immobiliare, mentre il developer si occupa di tutti gli aspetti relativi al progetto. Le parti uniscono le proprie forze e creano una società veicolo (SPV) e l’utile è ripartito in base alle quote predeterminate. In tal modo, l’investitore potrebbe ricevere utili dal progetto che rappresenterebbero una percentuale di ritorno dall’investimento che può essere anche notevolmente superiore rispetto ad un investimento diretto nell’acquisto di un immobile in via esclusiva. Ma soprattutto potrebbe investire capitali inferiori – anche £100-200 mila sterline – e diversificare maggiormente in diversi tipi di asset e location.

Una forma ancora più semplice ma molto redditizia di investimenti nel settore immobiliare sono i Loan agreements, vale a dire dei prestiti a società immobiliari che prevedono il pagamento di interessi da parte della società/costruttore (developer) a privati che finanziano in tutto o in parte un progetto di sviluppo. Questi prestiti possono o meno essere convertibili in quote della società e possono o meno essere garantiti da ipoteca sull’immobile oggetto dello sviluppo o da asset collaterali.

Tali prestiti hanno il vantaggio di avere una struttura contrattuale relativamente semplice e flessibile. È infatti demandata alla negoziazione tra le parti la durata, il tasso di interessi ed altre clausole che ne regolano termini specifici. Il quantum oggetto del prestito può variare, ed in genere anche con un minimo di 40-50 mila sterline si può investire in progetti di sviluppo residenziale o commerciale in Inghilterra, a fronte di un ritorno che può essere anche superiore al 5-7% netto (before tax) annuo. In tal modo, l’ingresso nel mercato immobiliare britannico diventa accessibile ad una fascia maggiore di investitori anche non professionali, ma è importante – ovviamente – accertarsi della solidità del borrower (il costruttore/develper che chiede il finanziamento) ed assicurarsi che il contratto di prestito sia redatto professionalmente e con termini il più possibile specifici.

di Francesco Fasanella, avvocato e Co-owner di Habitat Investments Ltd. (Società di sviluppo e consulenza immobiliare a Londra) per il Magazine Condominio Zero Problemi

Come funziona la polizza globale fabbricati

ASSICURAZIONI CONDOMINIALI
Cos’è e come funziona questo strumento divenuto il punto di riferimento per le compagnie assicurative e vediamo come si calcola il valore da assicurare. Ma occhio alle responsabilità dei singoli condomini in caso di danni a terzi.

La polizza “Globale Fabbricati” rappresenta il modello di riferimento delle coperture assicurative nel mercato italiano legate alla polizza del condominio. Le compagnie presenti sul nostro mercato offrono polizze globali fabbricati che si discostano in misura minore o maggiore dal modello di riferimento “standard” che di seguito andiamo a vedere nel dettaglio.

Questa tipologia di polizza assicura il fabbricato condominiale nella sua totalità e non solamente nelle sue parti comuni. Risulta quindi assicurato tutto il fabbricato e l’importo da assicurare è costituito dalla somma di tutti quei componenti che rientrano nella definizione di polizza, a prescindere dal titolo di proprietà, che è necessario solo per individuare il titolare del diritto nascente dalla polizza, cioè il beneficiario dell’indennizzo (articolo 1891 del codice civile). È dunque importante esaminare la definizione di fabbricato (indicata anche nelle definizioni della polizza) per includere nella sua somma da assicurare tutti i valori attinenti alle cose che figurano in detta definizione.

La definizione fabbricato che le compagnie di assicurazione inseriscono nelle polizze non è univoca ma ognuna può prevedere una definizione più o meno ampia dello stesso. Generalmente la definizione è “l’intera costruzione edile comprese le sue pertinenze, quali cantine, tettoie, box auto, recinzioni, cancelli muri di contenimento e simili, piscine ed altri impianti sportivi purché ad uso privato, centrale termica o caldaia murale, serbatoi e attrezzature fisse per gli impianti termici e idraulici. Sono compresi gli impianti e le istallazioni considerati immobili per natura o destinazione, realizzati nel fabbricato e al servizio dello stesso (porte, finestre, impianti di allarme e condizionamento, antenna radiotelericevente e satellitare, tinteggiature, tappezzerie, moquettes, affreschi e statue prive di valore artistico.)”.

Qualora sia assicurata una porzione di fabbricato, la definizione s’intende riferita a tale porzione e la garanzia si intende prestata anche per la quota delle parti comuni. Sono esclusi l’area, i parchi, i giardini, gli alberi e le pavimentazioni all’aperto.

Pertanto, quello che si dovrà determinare quale somma da assicurare è il fabbricato condominiale nella sua totalità e non solo nelle sue parti comuni (valore intero) secondo il criterio d’indennizzo utilizzato dagli assicuratori. Quest’ultimo si basa sul valore di ricostruzione a nuovo che si fonda a sua volta sulla spesa prevista per l’integrale costruzione a nuovo del fabbricato con le stesse caratteristiche, escluso il valore dell’area e gli oneri fiscali se detraibili. Ne consegue perciò che anche la somma da assicurare dovrà corrispondere al costo di ricostruzione a nuovo dell’intero fabbricato.

Ma come determinare quest’ultimo valore correttamente? Come evitare contestazioni in caso di sinistro in cui la somma assicurata risulti inferiore al costo di ricostruzione a nuovo dell’intero fabbricato?

Innanzitutto va evidenziato che nei casi in cui si è sottostimato il valore del fabbricato o peggio, purtroppo molto frequenti, che l’amministratore di condominio non abbia richiesto l’aggiornamento del valore del fabbricato, si deve applicare un criterio proporzionale di risarcimento, previsto dal codice civile all’articolo 1907. Criterio che impone all’assicuratore di indennizzare i danni in proporzione al rapporto di scopertura tra la somma assicurata ed il costo di ricostruzione.

Un metodo spesso adottato, per la corretta somma da assicurare, è quello di calcolare la volumetria del fabbricato e poi moltiplicarla per il costo unitario del metro cubo, dimensionato secondo determinati parametri. La volumetria di un fabbricato può spesso desumersi dalle planimetrie e dai documenti del fabbricato. Si calcola l’area coperta del fabbricato (al netto di eventuali cortili interni), moltiplicata per l’altezza del fabbricato dal piano terreno alla linea di grondaia. Vanno esclusi in tale calcolo la cubatura dei piani interrati (ad esempio le cantine). Si aggiunge, nella misura del 50%, la cubatura dei locali sotterranei, seminterrati o sottotetti abitati o adibiti a cantine e/o mansarde, magazzini, laboratori, industrie o simili, box e autorimesse. Si somma infine il costo di ricostruzione a nuovo di muri di recinzione o di contenimento e delle cancellate, ovviamente nel caso in cui siano presenti. Una volta determinata la volumetria del fabbricato occorre individuare il costo unitario al metro cubo necessario per la ricostruzione a nuovo.

Il costo unitario al metro cubo è variabile rispetto ad alcuni parametri quali: la tipologia costruttiva o categoria di un fabbricato (lusso, signorile, civile medio, economico); la variabilità dei prezzi di costruzione tra le diverse provincie; l’ubicazione del fabbricato nell’ambito della medesima città (localizzazione periferica o centrale); il grado di sismicità della zona di costruzione.

Pertanto, con il criterio d’indennizzo basato sul “valore a nuovo” la società assicuratrice indennizza, in caso di sinistro, in un primo tempo il danno effettivo al fabbricato, nello stato di fatto in cui esso si trova (valore allo stato d’uso), in un secondo tempo, a ricostruzione avvenuta, liquida a consuntivo il supplemento di indennità che considera i maggiori costi derivanti dalla costruzione a nuovo dell’opera sinistrata.

Il criterio d’indennizzo sopracitato può essere oggetto di alcune clausole, da parte degli assicuratori, che possono circoscrivere e/o ampliare l’ambito d’indennizzo. Per quanto riguarda la sezione “Danni a terzi” va evidenziato che il condominio è sia responsabile verso persone o enti estranei al condominio stesso, sia rispetto ai singoli condomini, per tutte le violazioni di norme o di debiti contratti dal condominio relativamente alle parti comuni e la gestione delle stesse.

Ciò significa che non è colpa del condominio se un danno riguarda un bene del singolo condomino. Ad esempio: se un innaffiatoio, di proprietà esclusiva di uno dei condomini, sfugge all’utente e cade sulla testa di un passante la responsabilità civile e penale dei danni ricade solo sul condomino colpevole. Se invece un impianto condominiale (come uno scarico dell’acqua, una canna fumaria, un cavo della luce) si rompe e crea dei danni, la responsabilità ricade sul condominio intero e ogni condomino ne risponderà per la sua quota millesimale di proprietà.

di Emanuele Rubini, broker assicurativo per il Magazine Condominio Zero Problemi

Locazioni e Covid-19

COME RECUPERARE GLI AFFITTI NON PAGATI COL COVID
A causa del lockdown molti proprietari di immobili hanno visto saltare i canoni di locazione di inquilini e attività commerciali in affitto. Si tratta di mensilità che possono essere recuperate o, in alcuni casi, ricontrattate con i conduttori. Vediamo come caso per caso.

La pandemia da Covid 19 e le misure di contenimento del virus previste dal Governo, specialmente nel corso del 2020, hanno certamente costituito una battuta d’arresto nell’economia del nostro paese con conseguenze a cascata su tutti gli ambiti della vita personale e professionale dei cittadini.

In molti non sono riusciti ad onorare gli impegni economici, anche ordinari, assunti, come ad esempio il pagamento dei canoni di locazione dell’abitazione o del locale commerciale nel quale svolgono la propria attività.

In questo articolo cercheremo di capire se e come i proprietari degli immobili possono recuperare i canoni non pagati e quali eccezioni gli inquilini potrebbero opporre.

 

CANONI DI LOCAZIONE DI IMMOBILI AD USO ABITATIVO

Gli inquilini di immobili adibiti a civile abitazione sono sempre tenuti al pagamento dei relativi canoni di locazione. Il contratto di locazione in questo caso è infatti proseguito senza interruzioni o modifiche, anche nel corso della pandemia, e l’inquilino ha potuto godere dell’appartamento per l’uso per il quale lo ha locato. Dunque i proprietari possono procedere al recupero dei canoni non pagati.

A tale scopo, sarà sufficiente rivolgersi ad un avvocato affinché chieda al tribunale o al giudice di pace (dipende dall’importo), senza necessità di udienze, di emettere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, ovvero un provvedimento con il quale il giudice intima al debitore di pagare il debito maturato maggiorato degli interessi e delle spese legali, immediatamente e senza dilazioni. Il locatore potrà chiedere nello stesso atto lo sfratto (quindi il rilascio dell’appartamento) e l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti.

Qualora il debitore non provveda al pagamento, il creditore potrà procedere con la notifica del precetto (ovvero l’ultimo atto di intimazione) e, se entro dieci giorni il debitore è ancora inadempiente, con l’esecuzione forzata sui suoi beni (ad esempio con il pignoramento di somme o beni).

Il conduttore che si sia visto citare in giudizio per la contemporanea convalida dello sfratto e il pagamento degli arretrati può evitare di essere cacciato dall’immobile pagando gli arretrati direttamente in udienza. Il conduttore può fare richiesta di un termine di grazia (non superiore a novanta giorni), ovvero un termine per procedere al pagamento dell’intero debito.

Se il mancato pagamento dei canoni non è superiore a due mensilità ed è dovuto a difficoltà economiche del conduttore, insorte dopo la stipula del contratto (ad esempio causate direttamente o indirettamente dalla pandemia), il giudice può assegnare al conduttore un termine di ben centoventi giorni per sanare la propria morosità.

Diversamente, qualora venga convalidato lo sfratto ed emesso provvedimento di rilascio dell’appartamento, il proprietario potrà rientrare in possesso dell’immobile anche attraverso l’ufficiale giudiziario e la forza pubblica . Come noto le esecuzioni immobiliari e le ordinanze di rilascio sono state sospese fino al 30 giugno 2021.  Da ultimo il nuovo decreto legge “Sostegni” del 25.05.2021, n. 73, ha prorogato ulteriormente la sospensione delle esecuzioni immobiliari e di rilascio degli immobili, ad uso sia abitativo sia commerciale che potranno riprendere a scaglioni. In particolare:

  1. a) per i provvedimenti di rilascio adottati dal 28 febbraio al 30 settembre 2020, le procedure esecutive saranno bloccate fino al 30 settembre 2021;
  2. b) per i provvedimenti di rilascio adottati dal 1 ottobre 2020 al 30 giugno 2021, il blocco permarrà fino al 31 dicembre 2021.

Le ordinanze di rilascio ancora non emanate non dovrebbero invece subire sospensioni.

CANONI DI LOCAZIONE DI IMMOBILI AD USO COMMERCIALE

Nel caso di locazioni di immobili ad uso commerciale occorrerà invece valutare caso per caso, perché il contratto, a causa ed in conseguenza della pandemia, potrebbe non essere proseguito regolarmente.

L’art. 1457 del codice civile stabilisce infatti che “nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”

È indubbio che la pandemia di Covid 19 rappresenti un accadimento di carattere straordinario (essendo la prima volta che si verifica un’emergenza sanitaria su scala planetaria che ha la capacità di mettere seriamente in crisi, in poche settimane, le economie di quasi tutti i Paesi del mondo) ed imprevedibile (considerato che nessuno avrebbe potuto prevedere l’occorrere di tale accadimento usando il criterio di ordinaria diligenza).

Sul punto l’ufficio del Massimario della Corte di Cassazione ha emanato la relazione tematica n. 56 del 14 luglio 2020 allo scopo di fornire, a magistrati ed avvocati, indicazioni su come integrare la normativa generale dei contratti citata con quella emergenziale.

In particolare l’ufficio ha precisato che “nei più disparati settori, che vanno dall’energia alla sanità, dai trasporti al turismo, dagli alimentari al terziario, pare evidente che dall’emergenza sanitaria, economica e sociale accesa su scala mondiale dal Covid 19 stiano germinando conseguenze che esondano dagli argini della congiuntura finanziaria sfavorevole; dette conseguenze finiscono per riportare nei casi concreti tratti di straordinarietà, imprevedibilità e inevitabilità tanto marcati ed eloquenti da legittimare la parte pregiudicata ad agire in giudizio per la risoluzione del contratto squilibrato, tanto in ragione dell’inusuale aumento di una o più voci di costo della prestazione da eseguire (cosiddetta ‘eccessiva onerosità diretta’), quanto a causa della speciale diminuzione di valore reale della prestazione da ricevere (cosiddetta ‘eccessiva onerosità indiretta’)”.

Dunque, applicando la normativa descritta e la sua interpretazione all’interno del tema che stiamo trattando, emerge che il conduttore di locali commerciali, colpito dalle misure di contenimento del virus, avrebbe potuto richiedere la risoluzione del contratto o un riequilibrio dello stesso attraverso una rinegoziazione (riduzione) dei canoni.

Il conduttore di locale commerciale, costretto a rimanere chiuso per lunghi periodi, non ha infatti potuto usufruire del bene immobile locato (eccessiva onerosità indiretta) e nello stesso tempo ha subito, oltre che una considerevole riduzione dei redditi, anche un inusuale aumento dei costi (si pensi, anche durante le temporanee riaperture, a tutte le misure di sanificazione e distanziamento previste a carico degli esercizi commerciali).

In conclusione, qualora il conduttore, al momento della applicazione delle misure restrittive, non abbia chiesto la risoluzione del contratto di locazione, ma abbia omesso il pagamento dei canoni, potrà ancora oggi chiederne la riduzione.

È consigliabile dunque, prima di richiedere il pagamento dei canoni di locazione per via giudiziaria (quindi con la richiesta al giudice di emettere un decreto ingiuntivo secondo la procedura descritta nel paragrafo che precede) di tentare – anche con l’aiuto di un avvocato, se del caso – di raggiungere un accordo con la controparte che sia sostenibile per entrambi.

Per quanto attiene allo sfratto e alle ordinanze di rilascio, valgono invece le medesime modalità e tempi già descritti nel paragrafo sugli immobili ad uso abitativo.

di Fabrizia Patanè, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi

Come usufruire dei benefici fiscali pieni e quali interventi sugli impianti di riscaldamento possono rientrare nel bonus 110%

COME CAMBIARE LA RIPARTIZIONE DEI CONSUMI COL SUPERBONUS

Uno dei temi condominiali più discussi prima dell'avvento del Superbonus era la  durata delle spese di riscaldamento  e, di conseguenza, la contabilizzazione dei consumi di ogni singolo appartamento. Con il decreto legge 102/2014, integrato con il dlgs 141/2016, la  contabilizzazione del calore nei condomini  era diventata obbligatoria per tutti gli impianti centralizzati. Il decreto ministeriale del 26 giugno 2015 «Requisiti minimi», infatti, impone l' obbligo di termoregolare e contabilizzare  l'uso di energia per il riscaldamento nei casi in cui si effettuino interventi in concomitanza sia sull'involucro dell'edificio e sul sistema impiantistico nel suo complesso.

Nel caso di ristrutturazione di "primo livello", che in ambito Superbonus significa  cappotto sulla richiesta ,  sostituzione caldaia , e intervento sistema di distribuzione della distribuzione automatica e dei terminali unità nelle unità immobiliari, è la dotazione di sistemi per la  regolazione della temperatura ambiente  nei singoli locali o singole zone termiche. Questi sistemi vengono assistiti da compensazione climatica (non realizzabile solo nel caso in cui la tecnologia impiantistica preveda sistemi di controllo equivalente o di maggiore efficienza), oppure sia tecnicamente non praticabile.

In cosa si traduce tutto questo nella pratica? Se il progetto a cui si aderisce rientra nella categoria “Superbonus fiscale 110” per efficientamento energetico della struttura edile/impiantistica” è importante sapere che:

  • È possibile inserire nella rosa dei lavori anche le  opere “trainate”  (ad esempio la  ripartizione dei ripartitori di calore giunti a fine vita operativa) , per vetustà dei componenti o per anzianità di strumenti (anche dispositivi installati da 7-8 anni e non giunti a scadenza formale dei 10 anni).
  • È importante che ci siano anche opere di impiantistica (es. caldaia/ibrido) con intervento su impianto termico-condizionamento e non solo opere edili o antisismiche;
  • Il sistema introdotto con i nuovi ripartitori deve essere giustificato da un  miglioramento ; quali ad esempio: i) l'integrazione al  sistema radio bidirezionale Ista  per la lettura remota; ii) l'introduzione di  Ista Portale Impianti  o  Ista Connect .

In questi casi  si anticipa la sostituzione  e si usufruisce di un  beneficio fiscale pieno .

La porta aggiuntiva inoltre i seguenti vantaggi:

  • I ripartitori di vecchia generazione non consentono la trasmissione dei dati tramite il  sistema radio , requisito essenziale per  EED 2.0  (dlgs 73 – luglio 2020);
  • La trasmissione dei dati aumenta il numero di trasmissione nelle ripartizioni, con conseguente  spostamento della precisione del conteggio individuale . È essenziale, che i consumi di ogni appartamento che concorrono alle spese totali di riscaldamento del condominio, siano calcolati in modo preciso e affidabile.

di Maurizio Colagrande, Area Vendite ISTA Italia per il Magazine Condominio Zero Problemi

Come si calcola ea chi spettano i versamenti dell'imposta modificata con la legge di Bilancio 2020.

IMU SULLE PARTI CONDOMINIALI COMUNI
Fra i principali  obblighi di natura fiscale ,  previsti dal legislatore nei confronti dell'amministratore di condominio, vi è il versamento dell'Imu, l'imposta municipale unica, per le parti comuni condominiali. Si tratta di un onere previsto dall'art. 1130 del codice civile, così come modificato dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220,secondo cui l'amministratore è tenuto a “eseguire gli adempimenti fiscali”. In ambito tributario la norma che individuale nell'amministratore di condominio “il soggetto tenuto al versamento dell'imposta locale, con riferimento alle parti condominiali comuni”, è contenuto nella legge in materia di ICI(l. 23 dicembre 2000 n. 388).
Con l'art. 9 dlg. n. 23/2011 è stato precisato che  le parti condominiali comuni a cui sono attribuite rendite catastali autonome ,(ad esempio: portineria, area parcheggio, locali per servizi comuni quali il locale lavanderia ecc.) non possono considerarsi beni di proprietà dei singoli condomini come se erano pertinenti. Da ciò deriva che  è onere dell'amministratore di condominio procedere al pagamento delle imposte sulle parti comuni , recuperando, dai singoli condomini, le risorse per il versamento secondo il criterio di  riparto dei millesimi  di proprietà o in base alle stabilite dal regolamento condominiale.Oltre all'obbligo di versamento, per l'amministratore previsto dalla normativa, (dl previstogs. n. 504/1992), all'l'obbligo di presentazione della dichiarazione relativa alle parti condominiali comuni per conto dei condomini.

La nuova Imu.

La legge di Bilancio 2020 è intervenuta in materia di imposto abolendo la UIC (a eccezione della TA.RI)e stabilendo i contorni della nuova Imu che comprende Imu e la TASI Questa riorganizzazione, pur  confermando i tratti essenziali delle precedenti imposte,  ha il merito di aver conferito organicità in una ottica di semplificazione degli adempimenti fiscali. I termini per il pagamento dell'imposta, sono fissati, come per la precedente Imu, in scadenza:  la prima di acconto il 16 giugno  e la  seconda a saldo il 16 dicembre . La prima rata di acconto si paga in base all'aliquota dei dodici mesi dell'anno precedente, la seconda rata a saldo sulla base delle delibere comunali pubblicata entro il 28 ottobre di ciascun anno di imposta , quindi, ogni anno, al fine di evitare errori di calcolo per eventuali aliquote modificate, necessita di comprendere le delibere comunali. Si può scegliere di pagare tutto in un'unica soluzione entro il 16 giugno, avendo cura, entro il 16 dicembre, di verificare che non ci sia stata variazione di aliquota, diversamente va versata la differenza.

Vieni a calcolare l'Imu.

 

Ai fini del calcolo IMU si procede  rivalutando la rendita catastale del 5%,  poi, per ottenere l'imponibile sui cui calcolare l'impostazione, si applica il coefficiente previsto a seconda della categoria catastale (a titolo esemplificativo per le   catastali A/2 – A/3 C2,  C6 il coefficiente è 160, per categoria A/10 è 80, per categoria C1 –negozi e botteghe è 55)  –  (sono le categorie che interessano principalmente le proprietà condominiali). Ottenuto l'imponibile si applica  l'aliquota prevista dal Comune , si ottiene in tal modo l'imposta da raggiungere che, in caso di vendita o acquisto in corso dell'anno, va rapporta ai mesi di possesso.
L'IMU si versa utilizzando il modello F24 ordinario o semplificato  indicando il codice tributo che solitamente, per i fabbricati, è 3918, il codice catastale del Comune, il numero degli immobili, l'anno di impostazione da indicare nella apposita casella se si tratta di acconto o saldo o di entrambi. Si può pagare anche con l'apposito bollettino postale o tramite la piattaforma PagoPA.

di Francesca Bonanata, commercialista per il Magazine Condominio Zero Problemi