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Fotovoltaico e Condominio

Il condomino può installare il fotovoltaico sul tetto condominiale?
In questo particolare periodo storico una problematica comune di tutti coloro che vivono in condominio è come ridurre la propria bolletta energetica per pagare meno e, pertanto, (anche) la possibilità di installare il fotovoltaico sul tetto condominiale.

 

Sempre più frequenti sono le richieste di installazione su parti comuni del condominio, tetto e lastrici solari, di installare un impianto fotovoltaico sul tetto condominiale ad uso esclusivo di un’unica unità immobiliare. Facciamo un po’ di chiarezza in merito e vediamo se è possibile l’installazione e quali sono le modalità.

Vediamo, innanzitutto, cosa dice il codice civile in merito alla possibilità di installare un pannello fotovoltaico sul tetto condominiale. Gli articoli 1102, 1120 e 1122 bis ci vengono incontro per risolvere il problema ed evitare preventivamente inutili e costosi contenziosi che potrebbero sorgere tra le parti interessate, condominio e condomino che fa la richiesta.

Dalla lettura delle norme sopra menzionate si evince che chiunque faccia parte di un condominio può fare uso della cosa comune, ma deve garantire lo stesso uso agli altri condomini, art. 1102. L’art. 1120 si riferisce all’installazione di un pannello fotovoltaico e solari e altre fonti energetiche rinnovabili a servizio comune di tutti i condomini.

Mentre, l’art. 1122 bis è quello che più ci riguarda per il caso specifico in quanto si riferisce all’installazione “di impianti non centralizzati di ricezione televisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare”. Quindi si evince che è possibile per il singolo condomino installare un impianto fotovoltaico a proprio uso esclusivo!

Vediamo però quale deve essere l’iter corretto da seguire.

Il condomino interessato deve necessariamente effettuare una comunicazione preventiva all’amministratore, indicando in modo dettagliato cosa intende effettuare e come pensa di realizzarlo, fornendo la documentazione relativa per la realizzazione dell’opera.

L’amministratore è tenuto, una volta ricevuta la richiesta e ottenuta la relativa documentazione, a convocare l’assemblea condominiale per metterla a conoscenza della richiesta che gli è pervenuta e perché la stessa possa deliberare in merito, ma alle sole “eventuali modalità alternative di esecuzione delle opere proposte”, o “per la salvaguardia della stabilità, della sicurezza e del decoro architettonico dell’edificio”.

Pertanto, se viene rispettato quanto previsto dall’art. 1102 del codice civile e sono rispettate le condizioni sopra riportate l’assemblea non può assolutamente impedire l’installazione dei pannelli fotovoltaici sulle parti comuni.

di Claudio Buzzi, responsabile amministrativo Condominio Zero Problemi

Finestre in condominio

Come fare per aprire una nuova finestra in condominio
Capita spesso che un condomino desideri aprire una nuova finestra in condominio per illuminare la sua abitazione ma per farlo servono alcune accortezze per evitare di incorrere in spiacevoli situazioni che obbligherebbero al ripristino della situazione ante operam.

 

Una problematica che talvolta si presenta durante la ristrutturazione di un immobile privato è la necessità di trasformare una finestra in una portafinestra o addirittura l’apertura di una nuova finestra in condominio o sui prospetti di facciata.

Senza tenere conto delle motivazioni che portano a decisioni di questo tipo, vediamo se un’operazione del genere – quale l’apertura di una finestra in condominio o la trasformazione di quest’ultima in una portafinestra – è fattibile o meno e quali potrebbero essere i passi necessari da effettuare da parte del proprietario dell’immobile per cercare di ottenere quanto desiderato.

La trasformazione di una finestra in portafinestra è senza dubbio un’operazione più fattibile e con meno impatto estetico rispetto all’apertura di una finestra, ma la procedura da seguire è identica.

Operazioni del genere non sono vietate espressamente dalle norme ma è necessario effettuare dei passi preliminari alla loro realizzazione per non incappare in successive spiacevoli situazioni, che potrebbero risultare molto costose oltre che l’obbligo di ripristinare lo stato originario del prospetto di facciata modificato.

Va fatta innanzitutto una considerazione preliminare in merito alla definizione di “decoro architettonico”. In una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 6397/1979, emerge che i casi di violazione del decoro architettonico bisogna valutarli non in senso assoluto, ma in base alle caratteristiche degli edifici. Dal che può verificarsi che un’opera realizzata su un edificio potrebbe essere ritenuta corretta in quell’immobile rispetto alla stessa opera realizzata su un altro condominio.

Inoltre, facendo un esame più approfondito della giurisprudenza, possiamo rilevare che non si trovano norme che stabiliscono in modo ineluttabile come deve essere una modifica del decoro architettonico. L’unica cosa che emerge di certo è il “pregiudizio economico che comporti un deprezzamento dell’intero fabbricato” o di “porzioni in esso comprese”.

Lo scopo deve essere sempre quello di preservare l’aspetto esteriore del condominio, infatti l’art. 1120 del Codice civile recita: “Sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato che ne alterino il decoro architettonico ….”. Da ciò ne consegue che l’estetica è un bene da proteggere. Vediamo adesso come procedere.

Per prima cosa bisogna sempre verificare cosa riporta in merito il regolamento condominiale, specie se è di natura contrattuale. Se il regolamento vieta espressamente la modifica dei prospetti di facciata è opportuno rinunciare sin da subito alla realizzazione delle opere, se non si vuole andare in giudizio e risultare quasi certamente soccombenti.

Se invece non è riportato nulla al riguardo è opportuno contattare l’amministratore del condominio e tastarne il polso, sentendo il suo parere. Si otterranno delle informazioni sulla fattibilità o meno, anche in base al grado di litigiosità del condominio.

È da tenere presente che in base al disposto della Corte di Cassazione, n. 14626/2010, l’amministratore è autorizzato “senza necessità di autorizzazione dell’assemblea condominiale, a instaurare un giudizio per la rimozione di finestre da taluni condomini aperti abusivamente in contrasto con il regolamento condominiale, sulla facciata dello stabile condominiale …”.

Da tenere in considerazione che anche un singolo condomino, in caso di violazione del regolamento condominiale, è legittimato ad agire in giudizio a tutela della cosa comune, come emerge da una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 28465/2019.

Il consiglio che ci sentiamo di dare è di sottoporre la richiesta all’assemblea condominiale per richiederne l’autorizzazione, piuttosto che andare in aperto contrasto con il condominio.

Nella richiesta un aspetto importante è che esiste una grande differenza se l’apertura verrà effettuata sulla facciata principale, modificandone la simmetria o su una delle facciate laterali o interne.

Una volta in assemblea non basta esporre le proprie intenzioni, ma se si vuole ottenere il consenso, è opportuno che ci sia il supporto grafico di elaborati, predisposti da un tecnico, dai quali si evinca la situazione attuale e quella post opera. Tale operazione è indispensabile per far emergere in assemblea l’impatto estetico delle opere e mettere così in condizione i condomini ad autorizzare o meno il richiedente.

Prima di dare inizio a tutto è necessario sentire il parere di un legale esperto del settore immobiliare.

di Mariolina Servino, art director del Magazine Condominio Zero Problemi

I decreto ingiuntivo

In condominio il decreto ingiuntivo è immediatamente esecutivo

Se guardiamo con attenzione a cosa ha previsto il legislatore ci accorgiamo che il decreto ingiuntivo emesso secondo l’articolo 63 delle disposizioni attuative del codice civile deve esser considerato immediatamente esecutivo “nonostante opposizione”. Un particolare che spesso in giurisprudenza viene dimenticato.

La mia tesi è una provocazione apparentemente paradossale, sapendo bene che quanto sto per scrivere costituisce una rottura traumatica con un sistema radicato (incancrenito?) da decenni. Da sempre.

Il mio ragionamento è probabilmente sbagliato, ma potrebbe essere anche un sasso nello stagno, potrebbe causare delle piccole onde che a volte, anche dopo anni, potrebbero incrinare i convincimenti anche più consolidati.

Prendo spunto ancora una volta da una lezione illuminante di diversi anni fa dell’avvocato Nunzio Izzo. Egli ha sempre affermato con forza e a ragion veduta che il diritto condominiale sia un unicum, un mondo a sé stante, per il quale l’applicazione delle norme relative ad altri istituti di diritto è una forzatura, che a volte ci fa deragliare.

Anche il decreto ingiuntivo in materia condominiale è un mondo a sé stante. Ma tutto ciò non viene detto e soprattutto non viene riconosciuto.

Il decreto ingiuntivo in materia condominiale è disciplinato dall’articolo 63 delle disposizioni attuative del codice civile, che è norma speciale e quindi diversa e derogativa rispetto alla normativa generale dei decreti ingiuntivi prevista dagli articoli. 633 e seguenti del codice di procedura civile.

Difatti il decreto ingiuntivo in materia condominiale è per espressa previsione di legge immediatamente esecutivo, non provvisoriamente esecutivo. Perdonatemi le continue citazioni, ma non intendo appropriarmi di idee altrui. L’avvocato Izzo sosteneva, con la sua abituale veemenza, che noi avvocati dovremmo fare la massima attenzione a questa differenza e lottare affinché i giudici provvedano di conseguenza.

Non solo: il decreto ingiuntivo in materia condominiale è immediatamente esecutivo nonostante opposizione. Si badi bene: l’art. 63 delle disp. att. c.c. è inderogabile per espressa disposizione dell’art. 72 contenuto nelle stesse disposizioni. È quindi norma speciale e inattaccabile. Eppure mi sembra che tutti noi abbiamo cancellato dalla mente e quindi dai nostri scritti l’inciso “nonostante opposizione”.

In certe situazioni lavorative agiamo quasi con il pilota automatico, ritenendo, almeno nei fatti se non consciamente,  che “immediatamente” e “provvisoriamente” siano sinonimi: ma se il legislatore ha usato due avverbi dal significato diametralmente diverso, se il legislatore ha ritenuto di specificare che il decreto ingiuntivo per la riscossione dei contributi condominiali è immediatamente esecutivo nonostante l’opposizione, se addirittura i due istituti sono in due codici diversi, la logica prima ancora che il diritto vuole che il legislatore abbia operato una scelta ben precisa, voluta, disciplinando in modo differente situazioni differenti.

Per cui – se diamo alle parole il significato che esse hanno, se abbandoniamo i preconcetti stratificati da anni  – i decreti ingiuntivi emessi ex art. 63 disp. att. c.c. non sono provvisoriamente esecutivi. Sono immediatamente esecutivi. E rimangono esecutivi nonostante l’opposizione.

Il comma 4 dell’art. 5  del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 statuisce :  “I commi 1bis e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione …”. L’art. 649 c.p.c. prevede la possibilità che il magistrato sospenda l’esecuzione provvisoria del decreto concessa a norma dell’art. 642 c.p.c.. Ma la stessa facoltà non è concessa dal legislatore nel caso dei decreti ingiuntivi emessi immediatamente esecutivi in forza dell’art. 63 disp. att. c.c..

Quindi nel caso di giudizio di opposizione ai decreti ingiuntivi immediatamente esecutivi in materia condominiale non vi deve essere alcuna pronuncia sulla “concessione o sospensione della provvisoria esecuzione” perché non vi è una provvisoria esecuzione.

Altra conseguenza logica: nei giudizi di opposizione ai decreti ingiuntivi non si applicano i commi 1 bis e 2 dell’art. 5 comma 1 bis del decreto legislativo del 4 marzo 2010 n. 28, cioè non si è tenuti a svolgere la procedura di mediazione.

di Ferdinando Della Corte, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi

La nuova normativa antincendio

CONDOMINIO E SICUREZZA ANTINCENDIO

Districarsi nella normativa antincendio non è semplice. Cerchiamo di fare sulle norme da rispettare e sugli obblighi a carico dei fabbricati.

 Inizia qui una collaborazione con la rivista Condominio Zeroproblemi che in ossequio al nome vuole offrire in modo più semplice possibile quei chiarimenti sul funzionamento di quella comunità che, dopo quella familiare, ormai è diventata un altro elemento importante nella costruzione e nello sviluppo della società e dei i suoi complessi collegamenti, che essere regolati tramite norme specifiche per consentire una convivenza civile e ordinata.

La crescita della popolazione ha portato necessariamente all'urbanizzazione dei territori in cui l'uomo svolge le attività che raggiungere lo sviluppo della società e di conseguenza una vita sempre più comoda e sicura.

Nell'antica Roma per gli abitanti, che giunsero a sfiorare il milione di persone, realizzate delle costruzioni in mattoni e legno chiamate “insulae”, (condomìni ante litteram di 5 o 6 piani), prive di qualsiasi servizio comune e poco affidabili dal punto di vista della sicurezza statica e dell'antincendio.

 

Oggi nelle città i condomìni moderni sono realizzati con materiali sempre più performanti che consentono di arrivare ad un tempo irraggiungibilie che sono dotati di servizi sempre più avanzati. Servizi che però garantiscono il rispetto delle norme ne regolano l'uso in termini di sicurezza e che le necessarie manutenzioni e relative certificazioni e controlli. Senza entrare nel merito sono varie tipologie edilizie, i requisiti base che tutti gli edifici di tipo civile sono tenuti a varie tipologie edilizie:

  1. portante  dei diversi tipi di cui sono sottoposti e resistenza alle eventuali sollecitazioni capacità sismiche relative al territorio in cui sono ubicati;
  2. sicurezza in caso del verificarsi di un  incendio , sia in termini di resistenza al fuoco delle strutture, sia per la capacità di flusso degli occupanti nel trasferimento rapido nel luogo sicuro;
  3. importanza di una efficace e partecipata  informazione dei condomini  per una corretta gestione della sicurezza complessiva in caso di calamità.

In questo, ci soffermiamo sulla  sicurezza antincendio  negli edifici residenziali che costituiscono i condomìni. Lo sviluppo di un incendio, in ambienti residenziali può avere punti di innesco diversi e pericoloso:

1) le  autorimesse  comuni ubicate al piano interrato nell'area di sedime del fabbricato, per la presenza di autoveicoli con il loro carico di combustibile;

2) le  centrali termiche  dell'impianto di riscaldamento centralizzato con i loro diversi tipi di combustibile, ciascuno con le proprie norme di sicurezza;

3) l'interno di qualche appartamento per diverse cause ( cortocircuiti  di impianti elettrici non a norma o per dimenticanze in cucina di  fornelli  accesi, o per uso non controllato di candele e/o oggetti a fiamma libera) che possa poi svilupparsi all'interno scala del vano.

Dal punto di vista dell'evoluzione normativa, gli aspetti dell'antincendio sono stati ridefiniti nel DPR 151 del 1 agosto2011, in cui sono state classificate le varie attività soggette al controllo attività antincendio mediante una lista di 98 attività. Tra queste quelle che interessano in particolare gli edifici condominiali sono:  impianti termiciautorimesse condominialialtezza degli edifici .

Ciascun punto di quelli indicati, nel corso dell'evoluzione normativa, oltre a essere interessato da una normativa prescrittiva offre l'opportunità di valutare la sicurezza antincendio mediante misure alternative prestazionali, che riescano a garantire il grado di sicurezza minimo previsto.

Analizziamo adesso il servizio del  riscaldamento centralizzato,  come previsto al punto 74 del DPR 151 del 1 agosto2011, che ha individuato nella potenza termica della caldaia tre livelli di pericolosità cui corrispondono adempimenti diversificati:

1) il livello A riguarda le caldaie con potenza compresa tra i 116 Kw fino ai 350 Kw;

2) il livello B con comprese comprese tra i 350 ed i700 Kw;

3) il livello C con potenzialità oltre i 700 Kw;

Per gli impianti più piccoli al di sotto dei 35 Kw e per quelli fino ai 116 Kw,  le norme non prescrivono controlli  da parte dei vigili del fuoco, ma si limitano a dettare le norme di una corretta installazione compresi i sistemi di protezione e sicurezza, che devono essere sempre certificati dagli installatori qualificati.

L'attività di centrale termica che ricade al punto 74A (a basso rischio) non richiede l'esame progetto prima della presentazione della Sciaa firma del titolare dell'attività, tramite la quale si dà corso alla messa in esercizio della centrale termica stessa. In questo caso la Scia, protocollata presso il comando dei vigili del fuoco, sostituisce il Certificato di Prevenzione Incendi (CPI). Certamente il progetto dovrà risultare conforme alle norme del DM 12.041996 (e successive modifiche)con tutti i dispositivi di protezione e sicurezza previsti.

Nel caso di una centrale termica che ricade al punto 74B, ossia con una potenzialità termica che supera i 350 Kw e fino a 700 Kw, la procedura che consentire la messa in esercizio dell'attività, prevede la preliminare presentazione, presso il comando locale dei vigili del fuoco competente per territorio, della richiesta di esame che dovrà ricevere il nullaosta da parte dei VVF, eventualmente anche con richiesta di esame.

Dopo il nulla osta, una volta completati i lavori e prima di dar corso alla messa in esercizio dell'attività, occorrerà presentare la Scia da protocollare sempre presso il comando dei vigili del fuoco.

Il comando avrà la possibilità entro i 60 giorni successivi all'avvio dell'attività di eseguire  dei sopralluoghi per verificare il rispetto del progetto approvato. Nel caso di una centrale termica ricadente al punto 74C, con una potenza termica superiore a 700 Kw, caratterizzata da una maggiore complessità tecnico-progettuale e realizzata, ma anche da un'importante organizzazione gestionale, si dovrà ottenere il nulla osta al progetto da realizzare, da parte del comando dei vigili. In questo caso la realizzazione dovrà essere sottoposta al controllo obbligatorio dei VVF, entro i successivi 60 giorni dalla presentazione della Scia e sarà lo stesso comando a rilasciare in questo caso il certificato di prevenzione incendi (Cpi). I Cpi, omologati alle segnalazioni certificate di inizio attività hanno validità per i anni successivi, sempre non intervengano modifiche all'impianto anche per accenni di elementi che essere sempre stato. responsabilità penale del titolare  che per i condomini è la figura dell'amministratore.

di Andrea Magazzù, ingegnere per Condominio Zero Problemi

L' AGIBILITA' DEGLI IMMOBILI

Nella compravendita di un immobile l'agibilità dello stesso può essere decisiva. Non possedere il certificato non impedisce di vendere l'immobile ma può influire sul prezzo, ma è fondamentale il ruolo dell'agente.

 Di recente, la Cassazione Civile è stata chiamata a pronunciarsi, per l'ennesima volta, sul tema di vendita di immobili privi di agibilità con la sentenza n. 2294 del 30/01/2017. Il caso specifico riguardava la vendita di un immobile, nel quale era presente una diffusa umidità risalita al piano terra, tale da impedire il rilascio del certificato di agibilità previsto, oggi sostituito dalla  segnalazione certificata di agibilità . Quest'ultima è stata introdotta dall'articolo 24 del decreto legislativo 222 del 25/11/2016 (entrato in vigore l'11 dicembre 2016) che prevede che la segnalazione certificata di agibilità possa essere presentata al competente ufficio comunale entro 15 giorni dalla comunicazione di fine lavori. A questo punto il comune ha 30 giorni di tempo per richiedere ulteriori documenti o precisazioni, ed a seguito di tale procedura l'immobile è regolarmente abitabile.

Il certificato di abitabilità e la segnalazione certificata di agibilità hanno la funzione di garantire il rispetto dei requisiti minimi di salubrità, igiene e sicurezza di un immobile. In particolare l'agibilità, per concorde e diffusa convinzione sia della dottrina che della giurisprudenza, un elemento essenziale e caratterizzante di un bene immobile, con la conseguenza che l'eventuale sua assenza comporterebbe un'importante to the godimento dell'immobile da parte del suo proprietario. Tale limite ostacolerebbe infatti il ​​pieno esercizio del diritto di proprietà e risulterebbe giuridicamente rilevante in quanto posto a tutela del diritto alla salute, sancito dall'art. 32 della Costituzione.

Si tenga ben presente che, in relazione agli effetti derivanti dalla presentazione della segnalazione certificata di agibilità, la stessa agibilità così ottenuta determina la cosiddetta  abitabilità legale dell'immobile . Non ha invece alcun rilievo giuridico il fatto che l'immobile sia stato concretamente adibito ad abitazione da parte del relativo proprietario, anche in assenza di agibilità.

Partendo dalla nostra ferma convinzione che sia sempre raccomandabile procedere alla vendita di un proprio immobile tramite un agente immobiliare professionista, tale importante sentenza incide anche sull'attività del mediatore, che non si limita a mostrare l'immobile durante un sopralluogo ma si palesa soprattutto nell'importanza di una preventiva  analisi della documentazione  in possesso del proprietario dell'immobile che ha deciso di vendere. Si tratta di un lavoro fondamentale per consentire, tramite le apposite verifiche (analisi della documentazione sulla provenienza, dei documenti urbanistici e catastali, delle visure ipotecarie aggiornate, solo per citarne alcune), di procedere alla commercializzazione di quell'immobile. Ne consegue che l'agente immobiliare ha l'obbligo di informare un potenziale  acquirente sull'eventuale assenza dell'agibilità dell'immobile intermediato.

Di conseguenza,  un immobile sprovvisto di agibilità non è incommerciabile sul piano giuridico  e può essere regolarmente compravenduto o alienato in altro modo, subendo esclusivamente un deprezzamento rispetto al valore che avrebbe in caso contrario, sia in relazione all'impossibilità di pieno godimento dello stesso, sia in considerazione delle spese eventualmente necessarie per l'ottenimento dell'agibilità. Da qui si origina la sopracitata “incommerciabilità economica”.

L '“incommerciabilità” non deve esser interpretata in senso giuridico, ma sul piano esclusivamente economico. È oramai certo infatti che un immobile sprovvisto di agibilità può liberamente circolare, ossia esser compravenduto (o alienato in altra forma) sebbene l'assenza dell'agibilità ne limiti in parte il godimento. Il termine “incommerciabilità”, di conseguenza, va utilizzato in senso lato: l'assenza di agibilità determina infatti un inadempimento contrattuale qualora l'assenso dell'acquirente all'acquisto dell'immobile pur se sprovvisto dell'agibilità non venisse preventivamente  concordato per iscritto nel contratto .

Prima della formulazione di una proposta di acquisto del mediatore è quindi obbligato a informare l'acquirente in caso di assenza dell'agibilità, che potrebbe essere dunque un elemento importante nella determinazione del prezzo offerto.

di Leonardo Raso

Agente immobiliare per il Magazine Condominio Zero Problemi

CO(NDO)VID-19. IL CONDOMINIO AI TEMPI DELLA PANDEMIA

Come svolgere le assemblee condominiali in tempi di Covid-19

Dai bonus fiscali alle assemblee condominiali a distanza, negli ultimi mesi le normali regole condominiali sono state stravolte. Cosa non dannoso le norme approvate nelle ultime settimane?

Gli effetti della pandemia da Covid 19 non hanno risparmiato il condominio. Gli amministratori sono stati costretti a modificare, sotto alcuni aspetti, la propria attività, eliminando gli incontri personali ea consentirli solo per appuntamento, alternando il personale in presenza e in smartworking ove possibile,  rinviando i lavori non urgenti  e limitando gli interventi ei sopralluoghi ai casi sono necessari.

La gestione dell'assemblea è stata messa a dura prova da un'alternanza di divieti e di  regole restrittive  fino alla previsione delle riunioni da tenersi in videoconferenza. I recenti chiarimenti del governo al “Decreto Natale” del 18 dicembre 2020, tuttavia, hanno fatto intendere che  non c'è un divieto assoluto di svolgere le assemblee  di condominio anche se “è fortemente consigliato svolgere la riunione dell'assemblea in modalità a distanza ". Laddove, però, CIO non ê possibile per lo svolgimento in Presenza occorrerà da da rispettare le Disposizioni in materia di  distanziamento sociale , di uso dei Dispositivi di Protezione Individuale e di sanificazione degli ambienti (Faq Specifiche per il Periodo 21 dicembre 2020-6 gennaio 2021).

Quando la possibilità di convocare l'assemblea in modalità di videoconferenza (introdotta dalla legge n. 126/2020) sia prevista dal regolamento di condominio  l'avviso di convocazione deve contenere la piattaforma elettronica  sul quale si terrà la riunione e l'ora della stessa . Ove, invece, non espressamente previsto dal regolamento condominiale, la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza previo consenso di tutti i condomini.

Solo con la successiva  legge n.159 / 2020 il " consenso di tutti i condomini"  è stato sostituito con quello "della maggior parte dei condomini". Non mancano, ovviamente, dubbi interpretativi delle nuove disposizioni che solo i giudici potrebbero rimuovere. Dalla lettura del testo sembrerebbe che per poter organizzare l'assemblea condominiale a distanza sia sufficiente il precedente consenso dei partecipanti al condominio,  senza alcun  riferimento ai millesimi . Tale consenso non va confuso con il quorum costitutivo né con il quorum deliberativo.

Bisognerà, infatti, accertare se tale racconto di testi - che esprime solo un consenso sulla modalità di tenuta dell'assemblea - sia portatrice dei millesimi richiesti dall'articolo 1136 cc per la costituzione e per l'approvazione delle delibere.

Il consenso dovrà essere comunicato all'amministratore in forma scritta,  preferibilmente a mezzo pec  e dovrà essere manifestato ogni volta che si intenda organizzare un'assemblea o, è possibile, anche una volta soltanto valevole per tutti gli incontri futuri, salvo il diritto di poterlo revocare in ogni tempo.

Ottenuto il consenso per la videoconferenza, l'amministratore, nell'avviso di convocazione dovrà indicare, oltre a tutte le informazioni previste dalla legge, anche la  piattaforma elettronica sul quale si terrà la riunione  e l'ora della stessa; dovrà utilizzare strumenti che gli consentano di effettuare il  monitoraggio dei collegamenti tra tutti i partecipanti , che garantiscano la possibilità di partecipare, di intervenire e di votare. Il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, deve essere trasmesso all'amministratore ea tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione.

Qualora si volesse superare l'impasse del consenso preventivo per convocare l'assemblea in modalità di videoconferenza sarà possibile deliberare, con un numero di voti che rappresenti la maggior parte degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio, l'introduzione, nel regolamento di condominio, di una clausola volta ad escludere oa favorire la partecipazione telematica all'assemblea.

La possibilità di escluderla renderebbe, però, inutile la sua previsione normativa contenuta nell'articolo 66 Disp. Att. Cc annoverato tra gli articoli inderogabili dal regolamento di condominio dall'articolo 72 Disp. Att. cc

 

Condominio e Covid, le novità normative

Novità  introdotte, nel settore condominiale, dalla legge n. 126/2020, che ha convertito in legge il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, recante “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia”:

  • ) art. 66 comma 3Disp.Attuaz. CC: “l'avviso di convocazione […] deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione [ …] o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sul quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa […] ”.

arte. 66 comma 6 (nuovo):  "Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condomini" [quorum sostituito con " la dei condomini " dalla successiva  legge n.159 / 2020] " la partecipazione all'assemblea può avvenire in modalità di  videoconferenza . In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all'amministratore ea tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione ”;

  • ) art. 1130, n. 10 Cc: è stato  sospeso il termine dei centottanta giorni  - entro il quale deve essere convocata l'assemblea per l'approvazione del  rendiconto  - fino alla cessazione dello stato di emergenza daCovid19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 29 luglio 2020;
  • ) rinvio di sei mesi, dal termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri, il termine per gli adempimenti e  adeguamenti antincendio  previsti per il 6 maggio 2020, di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b, del decreto del ministro dell'interno 25 gennaio 2019, pubblicato nella GU n. 30 del 5 febbraio 2019.

 

Modifiche  introdotte all'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, dopo il comma 9, è stato inserito il seguente: 9-bis:

  • ) " Le deliberazioni dell'assemblea del condominio aventi per oggetto l'approvazione degli interventi di cui al presente articolo" [riguardanti, cioè, le opere volte al godimento del  beneficio fiscale del 110% , i finanziamenti finalizzati alle stesse, l'adesione all 'opzione per la cessione o per lo sconto in fattura] " sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggior parte degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio' ".

 

di Luana Tagliolini

Giornalista, per il Magazine Condominio Zero Problemi

BONUS FACCIATE

COS’E’ E A CHI SPETTA

Per i lavori sulle facciate oggi è possibile accedere a un incentivo del 90% sulle spese. Una grande opportunità che ha però contorni molto rigidi che è bene conoscere prima di iniziare i lavori.

il bonus facciate è il nuovo sconto fiscale per abbellire gli edifici delle nostre città, grande opportunità che  consente di recuperare il 90%  dei costi sostenuti nel 2020 senza un limite massimo di spesa e di cui possono beneficiare tutti.

Le zone interessate sono:  zone A  (agglomerati urbani che rivestono carattere storico artistico e di particolare pregio ambientale), e le  zone B  (altre parti del territorio edificate anche solo in parte).

PER COSA SI PUÒ RICHIEDERE IL BONUS FACCIATE

Per avere diritto è necessario realizzare interventi di  recupero o restauro della facciata esternadi edifici esistentivisibili dalla strada pubblica , di qualsiasi categoria catastale, compresi quelli strumentali. Sono agevolabili i lavori realizzati per il rinnovamento e consolidamento della facciata esterna, inclusi la semplice pulitura, tinteggiatura, gli interventi sui balconi, ornamenti e fregi. Possono accedere alla detrazione gli interventi relativi alla messa in sicurezza e ripristino dei frontalini dei balconi e alla messa in sicurezza e ripristino dei sottobalconi.

Beneficiano della detrazione anche i lavori su  grondaie e pluviali su parapetti e cornicioni . Sono comprese, nella nuova agevolazione fiscale, anche le spese correlate: dall'installazione dei ponteggi allo smantellamento dei materiali, dall'Iva all'imposta di bollo, dai diritti pagati per la richiesta di titoli abitativi edilizi, alla tassa di occupazione del suolo pubblico .

Condizione per accedere al bonus facciate per il condominio è che  il perimetro esterno dell'edificio sia visibile, anche parzialmente, dalla strada pubblica . L'Agenzia delle Entrate con la risposta all'istanza d'interpello 415 del 28 settembre 2020 ha precisato che la detrazione al 90% non spetta per gli interventi effettuati sulle   facciate interne dell'edificio, escludendo espressamente le facciate confinanti con chiostrine, cavedi, cortili e spazi interni. L'Agenzia ha precisato inoltre che le spese sostenute per interventi non ammessi al bonus facciate possono comunque rientrare tra quelle per le quali è possibile fruire della detrazione per interventi di recupero del patrimonio edilizio (detrazioni al 50%).

CHI PUÒ ACCEDERE AL BONUS

Possono usufruire della detrazione, in 10 rate annuali , residenti e non residenti  che possiedano, a qualsiasi titolo, l'immobile oggetto dell'intervento. In particolare sono ammessi all'agevolazione: le persone fisiche (compresi esercenti arte e professioni), gli enti pubblici e privati ​​che non svolgono attività commerciali, le società semplici, le associazioni tra professionisti, i contribuenti che conseguono reddito di impresa (persone fisiche, società di persone, società di capitali).

La detrazione  non può essere utilizzata  in maniera diretta da chi possiede esclusivamente redditi assoggettati a tassazione separata oa imposta sostitutiva (come la cedolare secca o l'imposta sostitutiva sul regime forfetario), salvo possedere anche redditi che concorrano alla formazione del reddito complessivo, come ad esempio i redditi da fabbricati assoggettati a tassazione ordinaria. È consentita però per lo sconto in fattura o  cessione del credito  nel luogo dell'utilizzo diretto.

Per usufruire dell'agevolazione i beneficiari devono possedere o detenere l'immobile oggetto dell'intervento sulla base di un titolo idoneo  al momento dell'avvio dei lavori o al momento del sostenimento delle spese (nel caso le spese siano avvenute prima dell'avvio dei lavori). In particolare i contributi interessati alla detrazione devono: possedere l'immobile in qualità di nudo proprietario o titolare di altro diritto reale di godimento sull'immobile (usufrutto, uso, abitazione o superficie); detenere l'immobile in base a un  contratto di locazione (anche finanziaria o di comodato), regolarmente registrato, ed essere in possesso del consenso all'esecuzione dei lavori da parte del proprietario.

Sono ammessi a fruire della detrazione, purché sostengano le spese anche i  famigliari conviventi  con il possessore o detentore dell'immobile (coniuge, componente dell'unione civile, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo grado) ei conviventi di fatto. Per accedere alla detrazione questi ultimi devono dimostrare che la convivenza sussista sin dalla data di inizio dei lavori o al momento del sostenimento delle spese di fruizione della detrazione, sempre se antecedente ai lavori. Le spese riguardanti gli interventi eseguiti su immobili diversi dall'abitazione principale possono essere oggetto di detrazione purché la convivenza riguardi anche quell'immobile.

La detrazione, pertanto, non spetta al familiare del possessore o detentore dell'immobile quando gli interventi effettuati su immobili che non sono a disposizione, ad esempio perché locati o concessi in comodato o perché non appartengono all'ambito privatistico come gli immobili strumentali all 'attività di impresa, arte o professione.

Nel caso in cui venga stipulato un  contratto preliminare di vendita  (compromesso) l'acquirente ha diritto all'agevolazione se è stato immesso nel possesso dell'immobile. Infine, si può chiedere la detrazione anche chi esegue in proprio i lavori sull'immobile limitatamente all'acquisto dei materiali utilizzati.

CESSIONE DEL CREDITO

In sintesi la detrazione va ripartita in 10 quote annuali di pari importo. La norma però dà anche la possibilità di optare per soluzioni diverse dall'utilizzo diretto della detrazione spettante.

Si può scegliere infatti  un contributo sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto ( fino a un importo massimo pari alla somma anticipata dal fornitore che ha effettuato gli interventi). Il fornitore può quindi recuperare la somma sotto forma di credito di imposta con la facoltà di cederlo ad altri, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

Facciamo un esempio: su una spesa complessiva per la facciata da 10.000 euro (Iva) il proprietario dell'immobile corrisponde all'impresa che ha eseguito i lavori 1.000 euro mediante bonifico bancario. L'impresa potrà utilizzare lo sconto di 9.000 euro come credito per il pagamento di altre imposte o cederlo ad altri (compresi gli Istituto Bancari / Finanziari).

di Francesca Bonanata

Commercialista per Magazine Condominio Zero Problemi

Novità sul Superbonus 110%

COME FUNZIONA IL SUPERBONUS AL 110%

La norma prevista dal decreto Rilancio consente grandi vantaggi fiscali ma solo in presenza di requisiti. Cerchiamo di fare chiarezza su uno dei temi più spinosi del 2020 nel settore immobiliare e dell'edilizia.

 

Con il decreto Rilancio (il n.34 del 10 maggio 2020) il Governo ha inteso adottare delle misure urgenti per affrontare le emergenze economiche e sociali collegate alla pandemia da Covid-19. Tra le misure più significative, vi sono quelle di incentivazione per il recupero del patrimonio edilizio esistente e per la sua riqualificazione energetica, con effetti sotto il profilo socio-economico, della salute ed ambientale, che si vanno a inquadrare nelle strategie di un nuovo sviluppo il cui obiettivo è fuoriuscita dallo stato di crisi attraverso interventi “green” e sostenibili.

All'art. 119 dello stesso decreto, vengono declinate le misure fiscali di incentivazione che restituiscono  una detrazione del 110% , denominata  “ecobonus” , per le spese sostenute in riferimento ai seguenti  interventi  trainanti  così sinteticamente elencati:

  1. a) - Interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali ed orizzontali che interessino l'involucro dell'edificio per una superficie non inferiore al 25% e per un tetto di spesa non superiore a € 30.000 per ogni unità immobiliare facente parte un edificio composto da più di otto unità, € 40.000 se composto da due sino a otto unità, € 50.000 se unifamiliare o autonoma funzionalmente nel contesto di un edificio plurifamiliare;
  2. b) Sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con nuovi per il riscaldamento, raffrescamento e acqua calda, per un tetto di spesa non superiore a € 20.000 per ogni unità immobiliare facente parte un edificio composto da due sino a otto unità ed € 15.000 se composto da più di otto.
  3. c) -  Interventi  sugli edifici unifamiliari  (della stessa natura di quelli di cui al punto precedente)  per un tetto di spesa non superiore a € 30.000
  4. d) - interventi antisismici e di riduzione del rischio sismico che rientrano nel  sismabonus  per un tetto di spesa non superiore a € 96.000 per ognuna delle unità immobiliari che compongono l'edificio;

L'aliquota di detrazione del 110% viene estesa ad altri interventi, solo  se eseguiti congiuntamente a quelli  trainanti. Tali interventi, sinteticamente, consistono nella fornitura e installazione di  infissi esterni  più performanti sotto il profilo della tenuta termica, portoni d'ingresso, schermature solari di varia natura, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica di auto elettriche ed altri interventi che, assieme a quelli trainanti, al conseguimento del salto di almeno  due classi energetiche superiori  rispetto a quello attuale per l'immobile oggetto d'intervento .  Se non si consegue tale risultato, la detrazione fiscale del 110% non è riconosciuta.

In termini più semplici, se si parte da un bene immobiliare scadente sotto il profilo energetico in classe "G" ed a seguito degli interventi suddetti, si ottiene il salto di due classi, ovvero si raggiungesse la classe "E", si avrebbe già un risparmio sui consumi di energia in bolletta pari mediamente al 25%, percentuale che poi sale se il salto porta verso le altre quattro classi superiori codificate, ossia verso la maggiore classe “A”.

La conseguente riduzione delle emissioni nell'atmosfera di CO 2,  (anidrite carbonica), costituisce il miglioramento ambientale dell'atmosfera del pianeta ed essa varia sempre a seconda del conseguimento del miglioramento della classe energetica. Se si passa da una classe energetica scadente “G” a una “E”, già si emette il 30% in meno di CO 2.  Tale percentuale aumenta sino al 90% se si raggiunge la maggiore classe “A”. In buona sostanza si può passare da un immobile "energivoro" a uno più sostenibile sotto il profilo energetico.

Gli interventi tesi verso tali obbiettivi sono onerosi ma, se incentivati ​​dalla detrazione fiscale del 110%, vengono ammortizzati nel breve termine e possono essere anche realizzati a costo minimo da parte del beneficiario, se si utilizza l'ulteriore facilitazione introdotta dall'art. 120 del decreto Rilancio, il quale prevede la  cessione del credito d'imposta  all'impresa fornitrice degli interventi o ad altri soggetti privati, tra cui banche e intermediari finanziari. Lo stesso credito d'imposta e la sua cessione, si applica nel caso del  "bonus facciate", il quale è esteso nella misura del 90% per gli interventi di manutenzione delle facciate degli edifici ricadenti nelle zone omogenee "A" e "B", ovvero ambiti della città storica e di altri tessuti urbani ad essi prossimi individuati come tali piani regolatori vigenti .

Presupposto principale per l'applicazione delle detrazioni fiscali e dei benefici prima illustrati in via esemplificativa, è la legittimità urbanistica dell'immobile sul quale s'interviene. Trattandosi talvolta di interventi riguardanti immobili realizzati in epoca non recente, si rende necessaria la reperibilità dei loro titoli autorizzativi presso le amministrazioni locali, qualora essi non siano già in possesso delle amministrazioni condominiali o dei singoli proprietari. Data l'attuale fase emergenziale, tale aspetto comporta un certo impegno da assolvere in tempi brevi al fine di conseguire gli interventi ricompresi nell'ecobonus e sismabonus entro l'obbiettivo temporale del 2022 ed entro il 2021 per quello relativo il bonus facciate.

In conclusione, si esprimono queste ultime considerazioni:

A fronte di una leggibile declinazione degli incentivi fiscali, degli aventi diritto e dei parametri tecnici richiesti negli interventi nel decreto Rilancio, si sono poi succeduti due decreti attuativi da parte del Ministero dello Sviluppo economico affiancati da una serie di circolari interpretative da parte dell'Agenzia delle Entrate e dell'ENEA, che hanno precisato il compendio degli adempimenti necessari ei requisiti tecnici da osservare, interpretabili solo da professionisti o categorie associative del settore.

Teoricamente ogni dispositivo legislativo che interessi lo sviluppo sostenibile di un territorio, dovrebbe essere leggibile anche da parte del semplice cittadino; tuttavia ciò non è sempre possibile quando gli argomenti trattati riguardano complessi, aspetti urbanistici, ingegneristici e fiscali, i quali necessitano della mediazione divulgativa da parte di soggetti competenti presso i beneficiari dei provvedimenti.

Pertanto, al fine di rendere allargato e partecipativo tutto il processo descritto, assumono rilevante centralità le figure dei tecnici coinvolti, le imprese qualificate ed i soggetti finanziari che acquisiscono il credito, i soggetti che hanno il compito di fornire le più esatte informazioni alle amministrazioni condominiali o al singolo proprietario avente diritto, per potere dare atto ai conseguenti atti deliberativi necessari per l'esecuzione degli interventi.

di Domenico Sostero, Architetto

per il Magazine Condominio Zero Problemi

Suberbonus 110% e General Contractor

Oggi, pur vivendo in un periodo storico particolare, siamo tempestati insistentemente a livello mediatico, dalle opportunità derivanti dal cd “Superbonus 110%” (previsto dal Decreto Rilancio del 19.05.2020 convertito in legge con modificazioni il 17.07.2020, n. 77) e dalle promozioni effettuate dai numerosi General Contractor che si propongono per agevolare l'ottenimento dei benefici.

 La maggior parte dei Condomini che in genere sono abitualmente attivi all'interno di un condominio, ma anche altri che fino a qualche tempo fa se ne disinteressavano nel modo più assoluto, parlano sempre più dell'opportunità che ci sta dando il governo attraverso i benefici fiscali previsti con il Superbonus. Questi condomini si rivolgono, quindi, all'Amministratore del loro condominio invitandolo a predisporre un'apposita assemblea per deliberare sulla questione e dare inizio al più presto ai lavori di manutenzione dell'intero fabbricato inserendo più lavorazioni possibili, altrimenti si rischia di perdere i benefici che scadono il 31.12.2021.

Benefici visti da buona parte dei Condomini, poco informati sugli effettivi campi di applicazione della norma, come facili da raggiungere nonostante qualche Amministratore bene informato faccia loro rilevare la complessità e la difficoltà nell'effettiva applicazione del Superbonus 110%. L'obiezione che viene spesso fatta e che basta trovare un General Contractor che faccia tutto, come pubblicizzato sui media.  

Nel frattempo vari soggetti effettuano degli interpelli all'Agenzia delle Entrate e dalle risposte ottenute si affinano le interpretazioni dei decreti attuativi della norma, il tutto è pertanto in continua evoluzione.     

Tralasciando in questo scritto l'attuale difficoltà di organizzare assemblee condominiali valide, è mio interesse focalizzare l'attenzione sulla figura del General Contractor.

In questo periodo stiamo innanzitutto assistendo a un nuovo fenomeno: la nascita costante e continua di questi "General Contractor" che si offrono di gestire tutto: i rapporti con le banche, la selezione delle imprese, le certificazioni, le asseverazioni, lo sconto in fattura e via dicendo.

Basti ricordare che per arrivare e ottenere il Superbonus bisogna a sua volta ottenere un gran numero di documenti, ognuno di loro essenziale; anche la mancanza di uno fa perdere il diritto al beneficio fiscale.

A questo punto ci sono delle domande che mi devo porre e che pongo ai molti miei colleghi che in modo più disinvolto di me si rivolgono entusiasti a questi General Contractor, ma che devono essere poste anche ai Condomini stessi.

La principale è la seguente:

  • L'amministratore di condominio, quale committente dei lavori necessari per accedere ai benefici fiscali previsti dal Superbonus 110%, che vanno a beneficio dei condomini da lui amministrati, come può essere tutelato se viene affidata la gestione del tutto ad un General Contractor?

Come sappiamo infatti, anche in presenza di un General Contractor, è l'Amministratore di condominio, in ultima analisi il responsabile di tutto il processo per l'ottenimento dei benefici fiscali a favore dei condomini.

È soprattutto lui che firma tutti i documenti, insieme ai vari professionisti che vengono scelti però dal General Contractor per le specifiche competenze.

Ma se l'amministratore non partecipa alla selezione di tutti coloro che saranno gli attori necessari nelle varie fasi del processo e che quindi non conosce il livello di competenza e di affidabilità degli altri professionisti e delle imprese che effettivamente eseguiranno le lavorazioni e di conseguenza non avendone alcun controllo, e tantomeno lo creare i condomini, come si tutela e soprattutto come potrà tutelare i suoi assistiti?

Sappiamo che l'Agenzia delle Entrate ha aumentato il tempo per effettuare i controlli e verificare che tutto il processo seguito sia stato ineccepibile, portandolo da 5 a 8 anni.   

E non basta dire che ognuno dei vari professionisti dovrà fare apposita polizza per tale lavoro. In caso di problemi la normativa è chiara:

L'Agenzia delle Entrate si rifà su colui che ha avuto il beneficio fiscale (il Condomino) e poi questo, con apposita azione giudiziaria potrà rivaleggiare su chi ha effettuato l'errore.

Quindi bisogna fare molta attenzione nella scelta del General Contractor, verificare attentamente le capacità e la solvibilità del soggetto prescelto, ma soprattutto inserire nel contratto con il quale il condominio affida la gestione dei lavori a questo soggetto la possibilità per il committente di verificare e soprattutto di poter mettere il veto su soggetti chiamati dal General Contractor che non siano affidabili secondo gli standard qualitativi del condominio.

Un 'ultima osservazione da effettuare, ma per questo non meno importante, è che il General Contractor, ovviamente deve dei margini di guadagno in tutta l'operazione, ma questo non significa che gli effettivi esecutori operino in condizioni economiche non congrue.

La non congruità comporta inevitabilmente risparmi per le imprese sulla sicurezza del cantiere, sulla qualità dei lavori, ecc. ecc.

L'eventuale fallimento, a causa della non congruità dell'appalto, dell'impresa esecutrice si ripercuoterebbe inesorabilmente nei confronti del condominio.

Quindi attenzione nell'effettuare le scelte e soprattutto farsi assistere da consulenti ed amministratori formati e professionalmente validi, ma soprattutto da non sottovalutare gli eventuali risvolti penali che potrebbero derivare da asseverazioni o certificazioni non veritiere.

A questo punto in bocca al lupo a tutti!  

di Battista Praino

Amministratore di Condominio Zero Problemi

Obbligo di Mediazione in caso di opposizione al decreto ingiuntivo fatto dall’Amministratore di condominio

Obbligo di Mediazione in caso di opposizione al decreto ingiuntivo fatto dall'Amministratore di condominio

Con la sentenza n. 19596 del 18 settembre 2020 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono espresse per regolare i casi in cui un Condomino fa opposizione ad un decreto ingiuntivo effettuato dall'Amministratore di condominio ed alla conseguenza sospensione della provvisoria sospensione del decreto ingiuntivo effettuato.

In questo caso specifico si deve passare obbligatoriamente attraverso l'istituto della mediazione .

A proporre la mediazione deve essere il condominio e non il Condomino che ha effettuato l'opposizione.

In caso di mancato passaggio al procedimento di mediazione, che diventa in questo caso obbligatorio, il giudice come conseguenza si pronuncerà per l'improcedibilità e di conseguenza dovrà revocare il decreto ingiuntivo.  

Cari colleghi fate molta attenzione al riguardo altrimenti vi troverete con molti decreti ingiuntivi revocati con tutte le conseguenze che questo comporterà.

Egregi Condomini controllati che il Vostro Amministratore ne sia a conoscenza e che si aggiorni costantemente.

di Battista Praino

Amministratore di Condominio Zero Problemi