COME SI APPLICA IL GDPR IN AMBITO CONDOMINIALE

Le responsabilità dell’amministratore di condominio in qualità di responsabile del trattamento

Il regolamento UE2016/679, applicabile dal 25 maggio 2018, ha riconosciuto il condominio quale titolare del trattamento dei dati. È fatto obbligo al condominio di adottare tutte le procedure conformi al GDPR per trattare correttamente i dati personali e non incorrere in sanzioni amministrative e penali. Tali sanzioni riguardano il condominio in quanto titolare del trattamento, tuttavia è l’amministratorenella sua veste di responsabile del trattamento, a dover applicare tutte le misure preventive richieste dalla normativa (analisi dei rischi iniziale, nomine, informative, responsabilizzazione dei soggetti interni ed esterni che trattano dati, controllo periodico nell’applicazione delle procedure, formazione di soggetti designati).

Quanto sopra descritto è stato chiarito dall’Autorità Garante della Privacy che, in ambito condominiale, ha spostato l’onere della prova sull’amministratore, responsabile del trattamento, che deve dimostrare di aver adottato e monitorato nel tempo apposite procedure.

Il principio ispiratore del GDPR è quello di accountability in base al quale impone di attuare un comportamento proattivo, favorendo un’attività di trattamento dati conforme alla normativa.

Le sanzioni riguardano il titolare del trattamento (il condominio) ma il rischio ricade sull’amministratore il quale potrà essere chiamato dai condomini a rispondere per il mancato rispetto della normativa.

L’amministratore deve informarsi esaustivamente e sensibilizzare i condomini in merito alla necessità formale e sostanziale di adottare tutte le misure richieste dal GDPR per la tutela della privacy del condominio. Infatti, in base all’art. 32, comma 1, lett. d: “Il titolare del trattamento e il responsabile del trattamento mettono in atto misure tecniche e organizzative adeguate per garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio, che comprendono” e “una procedura per testare, verificare e valutare regolarmente l’efficacia delle misure tecniche e organizzative al fine di garantire la sicurezza del trattamento”.

 

Ne deriva un controllo periodico e costante finalizzato all’adeguamento e al mantenimento di misure di protezione della privacy. Il costo di quanto sopra è a carico del condominio e non può ricadere sull’amministratore, né rientrare nel suo compenso in quanto l’amministratore è “solo” il responsabile al trattamento dei dati.

Nell’ambito della normativa europea riveste particolare interesse la videosorveglianza in condominio. La “semplice” immagine che un sistema audiovisivo cattura e tiene in memoria è un dato personale, pertanto, deve essere tutelata secondo i princìpi del GDPR.

Articolo di Massimo Antonini, Epra Srl

Portiere condominiale e Sicurezza

PORTIERI E SICUREZZA SUL LAVORO, QUALI SONO GLI OBBLIGHI DEL CONDOMINIO

Il testo unico del 2008 sulla sicurezza sul posto di lavoro impone regole rigide e non facili da mettere in pratica, nel caso dei portieri condominiali tutto dipende dal tipo di contratto di lavoro.

Il dipendente da proprietari di fabbricati, conosciuto anche come “portiere condominiale” nella sua accezione più comune del termine, è una  figura “singolare”  per quanto riguarda l'applicazione del testo unico per la Sicurezza sul Luogo di Lavoro(dlgs. 81/2008 ).

In particolare, possiamo suddividere la domanda in due casi distinti:

  1. Lavoratori condominiali dipendenti che non rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo nazionale dei dipendenti da proprietari di fabbricati;
  2. Lavoratori condominiali che invece vi rientrano.

In entrambi i casi,  il datore di lavoro , ai fini dell'applicazione degli ora previsti, va individuato nella persona dell'amministratore pro-tempore del condominio.

Per i primi, non ci sono dubbi: tutti gli adempimenti previsti dal testo devono essere unico del 2008 essere espletati (formazione, redazione DVR, costituzione organigramma di sicurezza ecc.).

Per i secondi, invece,  la questione è più sottile : ove vi siano infatti soltanto lavoratori che rientrano nel campo del contratto collettivo da proprietari dei fabbricati  vigono i soli obblighi di informazione e formazione  di cui agli articoli 36 e 37 e quelli di fornitura dei  dispositivi di protezione individuale  o di apparecchiature conformi alle disposizioni del titolo III (art. 3, comma 9 del dlgs. 81/2008).

A questo punto, i dubbi sono molti: come fa il datore di lavoro a fornire un'adeguata formazione al lavoratore ea fornire un'adeguata formazione per dispositivi di protezione, se non svolge un'adeguata valutazione del rischio commisurata alle reali esigenze dello specifico condominio?

Oltretutto, in caso di incidenti (infortuni o malattie),  come può l'amministratore dare evidenza di aver fatto tutto il possibile?

Adempiere a gli studenti previsti dal testo unico del 2008, in particolare con la redazione del documento di valutazione del rischio, sicuramente mette il datore di lavoro (ovvero l'amministratore) in una posizione favorevole davanti a un giudice, che con tutta la giudicherà Quanto spetta è stato fatto per tutelare la salute e la sicurezza del proprio dipendente.

Si sottolinea inoltre, che seppur gli impegni previsti dalla legge siano solo quelli di informazione, formazione e fornitura dei dpi, spesso gli enti di controllo (Asl o vigili del fuoco) anche l'ottemperanza di tutti quelli previsti dal dlgs. 81/2008, perché nel condominio possono configurarsi situazioni diverse che comportano l'insorgenza di un elevato livello di sicurezza (ad esempio  presenza di amianto , attività che ricadono in prevenzione incendi, mancanza di adeguati dispositivi di sicurezza etc.)che richiedono di una valutazione più approfondito nell'ottica di migliorare il luogo di lavoro.

di Daniele Melotto, ingegnere per il Magazine Condominio Zero Problemi 

LA PREVENZIONE DEGLI INCENDI IN CONDOMINIO

Terzo capitolo del nostro approfondimento sulla sicurezza antincendio nel condominio
Terzo capitolo del nostro approfondimento sulla sicurezza antincendio nel condominio, relativo ai rischi collegati all'altezze degli edifici così come stabilito dalle norme in vigore. Vediamo anche quali sono gli obblighi sulla sicurezza dell'amministratore di condominio.

Con questo terzo articolo completiamo le casistiche principali, relative al pericolo degli incendi, che possono interessare gli edifici residenziali condominiali presenti nelle nostre città.

Con l'introduzione del dpr 151 del 2011 è stata modificata sulla procedura di rilascio del  Cpi  (il certificato di prevenzione incendi) base della pericolosità delle attività relative. Per  le centrali termiche  si fa riferimento alla potenzialità della caldaia (punto 74 ABC);per le autorimesse  si fa riferimento all'ampiezza della superficie Lorda a disposizione di tale attività (punto 75 ABC); mentre per le norme di sicurezza antincendio riguardanti  gli edifici residenziali  si fa riferimento a una classificazione sviluppata in base all'altezza del fabbricato, intesa come altezza dell'ultimo piano abitato, rispetto alla quota cui riesce ad avere accesso l'autoscala dei vigili del fuoco.

L'attività elencata al punto 77 viene suddivisa in base all'altezza tra:

77.1.A  per fabbricati la cui altezza antincendio è compresa tra 24 metri e 32 metri

77.2.B  con altezza antincendio compresa tra 32 metri e 52 metri

77.3.C  con altezza antincendio superiore ai 52 metri.

La normativa base base gli edifici residenziali risulta definita nel dm 26 maggio 1987, ed è statale dal gennaio 25019che  ha introdotto per il concetto integrato della "gestione antincendio"  (Gsa edifici d sicurezza) essere garantiti all'interno del fabbricato in base alla pericolosità collegata con l'altezza dell'edificio per l'evacuazione delle persone in caso di incendio.

COSA DEVE FARE IL CONDOMINIO

Diventa così importante predisporre per il condominio una vera e propria  pianificazione dell'emergenza.

Questa pianificazione si articola in  livelli di prestazione , attribuiti in base alla pericolosità dell'altezza dell'edificio, secondo lo schema di seguito indicatore:

  • livelli di prestazione 0  per edifici di tipo a) (altezza antincendi da 12 a 24 metri.);
  • livelli di prestazione 1  per edifici di tipo b) ec) (altezza antincendi da 24 a 54 metri);
  • livelli di prestazione 2  per edifici di tipo d) (altezza antincendi da 54 a 80 metri);
  • livelli di prestazione 3  per edifici di tipo e) (altezza antincendi oltre 80 metri).

La pianificazione dell'emergenza, partendo da quella più semplice, può essere limitato all'informare gli occupanti sul comportamento da tenere in caso di eventi eccezionali, dovuto ad eventi di origine naturale:  terremoti, nubifragi  o eventi accidentali come appunto gli  incendi.

Una corretta pianificazione dell'emergenza riguarda devere:

  • istruzioni per la chiamata di soccorso  e le informazioni da fornire per consentire un efficace soccorso;
  • informazioni da fornire alle squadre di soccorso intervenute sul posto;
  • azioni da effettuarsi per la  messa in sicurezza di apparecchiature  ed impianti;
  • istruzioni per  l'esodo degli occupanti , anche in relazione alla presenza di persone con limitata capacità motorie, ove presenti;
  • divieto di utilizzo degli ascensori per l'evacuazione in caso d'incendio , ad eccezione degli eventuali ascensori antincendio da utilizzare con le modalità di cui al dm 15 settembre 2005;
  • ove presente l'impianto di incendio potrebbe essere previsto apposite istruzioni di impiego e attivazione dell'allarme.

Nei casi di compresenza all'interno del fabbricato condominiale di attività che risultano caratterizzate da  promiscuità strutturale, impiantistica, dei sistemi di vie di esodo , le pianificazioni d'emergenza delle singole attività devono tenere conto di eventuali interferenze o relazioni con le attività limitrofe e si coordinare tra di loro per consentire, in caso di pericolo, un'evacuazione dello stabile il più ordinata possibile. A tale scopo può essere posizionato nei vani scala delle  planimetrie per gli occupanti indicanti le modalità e le vie di esodo , al fine di limitare una cao e disordinata evacuazione.

Un aspetto molto importante cui fa riferimento il dm 25 gennaio 2019 è quello che pone l'obbligo di valutazione i  requisiti di sicurezza antincendio sulle facciate degli edifici abitativi soggetti ai procedimenti di prevenzione incendi. Questo obbligo riguarda anche gli edifici di nuova costruzione e quelli già esistenti alla data di entrata in vigore del decreto (9 maggio 2019), se soggetti al rifacimento di almeno il 50% della superficie delle facciate (con l'eccezione degli edifici per i quali siano in corso lavori sulla base di un progetto approvato dal comando provinciale dei vigili del fuoco o siano già in possesso degli atti abilitativi rilasciati dalle competenti autorità). D'altronde, proprio in questo periodo, è in corso un grosso rilancio dell'edilizia di riqualificazione e rigenerante dei condomini, potendo usufruire delle agevolazioni del Superbonus 110%, che prevede l'applicazione termica del cosiddetto  “cappotto”  sulle facciate opache degli edifici .

A tale  scopo risultano essenziali il controllo e la verifica dei “Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici di civile abitazione” come previsto dal già citato dm del 25 gennaio 2019, in particolare all'art.2 dove vengono specificati gli obiettivi da raggiungere. Vediamo nei dettagli gli obiettivi posti dal decreto:

  1. a) limitare la probabilità  diedificio  propagazione di un incendio  originato all'interno dell'incendio, a causa di fiamme o fumi caldi che fuoriescono da vani, apertura, cavità verticale della facciata a coinvolgere altri compartimenti sia che essi si sviluppino in senso orizzontale che verticale , all'interno della costruzione e inizialmente non interessati dall'incendio;
  2. b) limitare la probabilità  di  incendio di una facciata  dello stesso e la successiva propagazione a causa di un fuoco avente origine esterna, ad esempio un incendio in edificio adiacente oppure da un incendio a livello stradale o alla base dell'incendio;
  3. c) evitare o limitare , in caso d'incendio, la  caduta di parti di facciata (frammenti di vetri o di altre parti comunque disgregate o incendiate) che possono compromettere l'esodo in sicurezza degli occupanti l'edificio e l'intervento delle squadre di soccorso.

Pertanto è compito dell'amministratore di condominio quello di predisporre periodici interventi di manutenzione, sia per  i sistemi attivi antincendio  (idranti, sprinkler, estintori, ecc.) sia per i sistemi antincendio passivi  per mantenere inalterati i requisiti di resistenza edità delle strutture Rei e delle compartimentazioni, ove presenti.

di Andrea Magazzù, ingegnere per il Magazine Condominio Zero Problema

Nullità della delibera in condominio

CHI DECIDE LA NULLITA’ DELLA DELIBERA CONDOMINIALE? COSA HA DECISO LA CASSAZIONE
Con la sentenza numero 9839 la Cassazione è intervenuta nel merito di stabilire se il giudice che emette il decreto ingiuntivo contro un condomino possa o meno decidere anche della annullabilità della relativa delibera. Ecco cosa hanno stabilito i giudici

Il decreto ingiuntivo emesso, su richiesta dell'amministratore, da un giudice nei confronti di un condomino moroso nel pagamento degli oneri condominiali, acconsente a quest'ultimo di poter  fare opposizione  se, ad esempio ,la delibera, posta alla base del provvedimento monitorio fosse inficiata da vizi di nullità o di annullabilità.

Fino a prima di un recente intervento della Corte di Cassazione, per poter far valere l'invalidità della delibera il condominio oppositore avrebbe dovuto, in un caso similitudine a quello citato, ottenere un giudizio “autonomo”, ovvero emesso da un altro giudice rispetto a quello che ha emesso il decreto ingiuntivo. Quest'ultimo infatti non potrebbe sindacare riservato  alla validità della delibera  posta a fondamento del decreto ingiuntivo, né in via incidentale, essendo il giudizio sulla validità della delibera impugnata ad altro giudice dinanzi al quale la delibera vieneta (Cass. SU sent. n. 26629/2009; Cass., sent. n. 3354/2016; n. 8685/2019).

In altre istanza, tuttavia, gli stessi giudici avevano disposto, invece, che  il giudice dell'opposizione può rilevare d'ufficio la nullità del provvedimento “quando si controverta in ordine all'applicazione di atti  (delibera d'assemblea di condominio)  posti a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo , la cui validità rappresenta elemento costitutivo della domanda” ( Corte di Cassazione , ordinanza n. 16389/2018, sent. n.  305/2016, sent. n. 23688/2014 e n. 1439/2014) .

In pratica, essere sottoposto allo stesso giudice dell'opposizione anche il  giudizio di invalidità della delibera  ma solo per vizi di nullità e non invece quelli di annullabilità per i quali, invece, si doveva procedere con un giudizio separato.

Sul tema è intervenuta con una recente sentenza delle sezioni unite, la suprema Corte di Cassazione (sentenza n.9839/2021)che ha  r iconosciuto al giudice dell'opposizione la possibilità di sindacare la validità della deliberagli  anche di definire, nello stesso giudizio , tutte le domande di nullità e annullabilità. Un intervento voluto sia per evitare un eventuale contrasto tra giudicati ma anche per ragioni di economia processuale che spingono ad evitare la moltiplicazione dei giudizi.

La validità della delibera è posta a fondamento dell'ingiunzione il presupposto necessario per la conferma del decreto: non può quindi precludersi al giudice dell'opposizione di accertare, ove richiesto o dovuto, la sussistenza del presupposto necessario per la pronuncia di rigetto o di accoglimento dell'opposizione.

Il giudice può sindacare sia la nullità,  dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via di azione- tramite apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione in opposizione – ai sensi dell'art. 1137, secondo comma del codice civile nel termine perentorio previsto e non in via di eccezione.

di Luana Tagliolini, giornalista per il Magazine Condominio Zero Problemi

Quando il portiere di un condominio può prendere le ferie.

GUAI A SALTARE LE FERIE
Doveri e obblighi del condominio riguardo alle ferie dei portieri. A violare le norme si rischia parecchio. Occhio alle date però, le ferie a Natale o in estate hanno limiti precisi.

Ogni anno entro il 30 giugno devono essere fruite le ferie residue. Nel caso del 2021 parliamo delle ferie maturate nel 2019, pertanto i datori di lavoro sono chiamati a verificare la corretta fruizione delle ferie non godute.

In base al dlgs n. 66 del 2003,se il dipendente non esaurisce le ferie obbligatorie maturate nel 2019 entro il 30 giugno 2021, viene prevista una sanzione per la mancata fruizione delle ferie entro i termini previsti dalla norma, la sanzione è calcolata secondo questa casistica:

  1. da € 100,00 a € 600,00 per ciascun lavoratore in violazione;
  2. da € 400,00 a € 1500,00 se la violazione si è verificata per almeno due anni e per più di cinque dipendenti;
  3. da € 800,00 a €4500,00 se la violazione si è verificata per almeno quattro anni e per più di 10 dipendenti.

A livello economico, dovranno essere anche calcolati i contributi Inps dovuti sulle ferie maturate e non godute entro la scadenza. Le somme dovranno essere versate con modello F24 insieme ai contributi derivanti dalle retribuzioni dei dipendenti relative al mese successivo a quello in cui è riferito il termine, precisamente il mese di luglio 2021. I contributi dovranno essere denunciati all’Inps con l’invio periodico del “modello Uniemens”, successivamente nel mese di effettiva fruizione, il datore di lavoro non dovrà versare ulteriori contributi in quanto già pagati precedentemente

E’ importante ricordare che le ferie sono un diritto irrinunciabile e non è possibile monetizzare la parte residua di ferie non godute, il legislatore ha ulteriormente consolidato il principio di irrinunciabilità del diritto al godimento delle ferie con il dlgs n.213/2004 al fine di garantire e tutelare il recupero psicofisico e il corretto equilibrio tra vita privata e attività lavorativa.

Il decreto prevede dei vincoli fondamentali, quali, l’obbligo di far godere due settimane consecutive di ferie entro l’anno solare di maturazione e l’obbligo di concedere le ulteriori due settimane entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione, i Ccnl possono prevedere condizioni di maggior favore.

La maturazione delle ferie rimane in vigore anche:

  • nei periodi di assenza per infortunio o malattia;
  • nei periodi di astensione obbligatoria per maternità;
  • nei periodi di assenza per funzioni presso seggi elettorali;
  • nei periodi di riduzione dell’orario di lavoro.

Non sono computabili

  • I periodi di astensione di congedi parentali;
  • per malattia bambino,
  • nei periodi di sospensione totale dell’attività lavorativa per Cig;
  • per periodi di aspettativa concessi a lavoratori per ricoprire cariche sindacali, e funzioni pubbliche elettive.

Il periodo contrattuale di ferie annuale è stabilito in 26 giorni lavorativi, sono escluse le domeniche e le festività nazionali, infrasettimanali, e il santo patrono della città.

Nel Ccnl “Portieri e Custodi di Immobili”, i dipendenti hanno diritto ogni anno a 26 giorni di ferie, escludendo le domeniche, le festività nazionali e infrasettimanali e quelle del santo patrono, naturalmente la retribuzione a cui il portiere avrà diritto sarà pari a quella che normalmente percepisce nei mesi di lavoro.

  • Il portiere può decidere di scegliere metà del periodo di ferie da fruire nell’arco dell’anno, ad esclusione dei periodi che vanno dl 1luglio al 31 agosto, e dal 20 dicembre al 10 gennaio. Questa limitazione è dovuta alla particolare prestazione che il portiere svolge all’interno del condominio in particolar modo nei periodi estivo (come previsto nell’art. 82del Ccnl di settore).La scelta deve essere comunicata all’amministratore almeno tre mesi prima.
  • Per l’altra metà di ferie spetta all’amministratore sentita l’assemblea comunicare al portiere il periodo di ferie.

L’amministratore di condominio, sentita l’assemblea, può accordare al portiere in via eccezionale uno o più giorni di ferie a ridosso dei periodi di luglio e agosto, e tra dicembre e gennaio. È inoltre possibile nominare un sostituto, la cui decisione e la scelta spetta all’amministratore che dovrà assumere con regolare contratto subordinato a tempo determinato il sostituto, anche se convivente con il titolare. In caso contrario il Ccnl prevede che venga riconosciuta al sostituto un’indennità sostitutiva dell’alloggio.

Come spiegato in precedenza ribadiamo che le ferie sono un diritto irrinunciabile (art. 36 della Costituzione), pertanto non è possibile monetizzare la parte di ferie non fruita, Tale atteggiamento è reso illegittimo dall’articolo 10 del dlgs 66/2003 (e a livello europeo dalla direttiva 93/104/Ce), dove si vieta che il periodo minimo legale di quattro settimane di ferie possa essere sostituito dalla relativa indennità sostitutiva.

L’indennità è prevista solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro spetterà al lavoratore un’indennità pari alla retribuzione globale di fatto dovuta per le giornate di ferie non ancora godute e maturate fino alla data del termine del rapporto di lavoro.

di Marina Parente, consulente del lavoro per il Magazine Condominio Zero Problema

Obblighi dell’amministratore di condominio sulla sicurezza.

LA PREVENZIONE DEGLI INCENDI IN CONDOMINIO
Terzo capitolo del nostro approfondimento sulla sicurezza antincendio in condominio, relativo ai rischi collegati all’altezze degli edifici così come stabilito dalle norme in vigore. Vediamo anche quali sono gli obblighi dell’amministratore di condominio sulla sicurezza.

Con questo terzo articolo completiamo le casistiche principali, relativamente al pericolo degli incendi, che possono interessare gli edifici residenziali condominiali presenti nelle nostre città.

Con l’introduzione del dpr 151 del 2011 è stata modificata la procedura di rilascio del Cpi (il certificato di prevenzione incendi) sulla base della pericolosità delle attività considerate. Per le centrali termiche si fa riferimento alla potenzialità della caldaia (punto 74 A-B-C);perle autorimesse si fa riferimento all’ampiezza della superficie lorda a disposizione di tale attività (punto 75 A-B-C); mentre per le norme di sicurezza antincendio riguardanti gli edifici residenziali si fa riferimento a una classificazione sviluppata in base all’altezza antincendio del fabbricato, intesa come altezza dell’ultimo piano abitato, rispetto alla quota cui riesce ad avere accesso l’autoscala dei vigili del fuoco.

L’attività elencata al punto 77 viene suddivisa in base all’altezza tra:

77.1.A per fabbricati la cui altezza antincendio è compresa tra 24 metri e 32 metri

77.2.B con altezza antincendio compresa tra 32 metri e 52 metri

77.3.C con altezza antincendio superiore ai 52 metri.

La normativa base per gli edifici residenziali risulta definita nel dm 246 del 16 maggio 1987, ed è stata integrata dal dm del 25 gennaio 2019che ha introdotto il concetto di “gestione della sicurezza antincendio” (Gsa), che definisce i livelli di protezione che dovranno essere garantiti all’interno del fabbricato in base alla pericolosità collegata con l’altezza dell’edificio per l’evacuazione delle persone in caso di incendio.

COSA DEVE FARE IL CONDOMINIO

Diventa così importante predisporre per il condominio una vera e propria pianificazione dell’emergenza.

Questa pianificazione si articola in livelli di prestazione, attribuiti in base alla pericolosità dell’altezza dell’edificio, secondo lo schema di seguito indicato:

  • livelli di prestazione 0 per edifici di tipo a) (altezza antincendi da 12 a 24 metri.);
  • livelli di prestazione 1 per edifici di tipo b) e c) (altezza antincendi da 24 a 54 metri);
  • livelli di prestazione 2 per edifici di tipo d) (altezza antincendi da 54 a 80 metri);
  • livelli di prestazione 3 per edifici di tipo e) (altezza antincendi oltre 80 metri).

La pianificazione dell’emergenza, partendo da quella più semplice, può essere limitata all’informare gli occupanti sul comportamento da tenere in caso di eventi eccezionali, dovuta ad eventi di origine naturale: terremoti, nubifragi o eventi accidentali come appunto gli incendi.

Una corretta pianificazione dell’emergenza deve riguardare:

  • istruzioni per la chiamata di soccorso e le informazioni da fornire per consentire un efficace soccorso;
  • informazioni da fornire alle squadre di soccorso intervenute sul posto;
  • azioni da effettuarsi per la messa in sicurezza di apparecchiature ed impianti;
  • istruzioni per l’esodo degli occupanti, anche in relazione alla presenza di persone con limitate capacità motorie, ove presenti;
  • divieto di utilizzo degli ascensori per l’evacuazione in caso d’incendio, ad eccezione degli eventuali ascensori antincendio da utilizzare con le modalità di cui al dm 15 settembre 2005;
  • ove presente l’impianto di rivelazione automatica e manuale dell’incendio dovranno essere previste apposite istruzioni di impiego e attivazione dell’allarme.

Nei casi di compresenza all’interno del fabbricato condominiale di attività lavorative che risultino caratterizzate da promiscuità strutturale, impiantistica, dei sistemi di vie di esodo, le pianificazioni d’emergenza delle singole attività devono tenere conto di eventuali interferenze o relazioni con le attività limitrofe e si dovranno coordinare tra di loro per consentire, in caso di pericolo, un’evacuazione dello stabile il più ordinata possibile. A tale scopo dovranno essere posizionate nei vani scala delle planimetrie per gli occupanti indicanti le modalità e le vie di esodo, al fine di limitare una caotica e disordinata evacuazione.

Un altro aspetto molto importante cui fa riferimento il dm 25 gennaio 2019 è quello che pone l’obbligo di valutare i requisiti di sicurezza antincendio sulle facciate degli edifici abitativi soggetti ai procedimenti di prevenzione incendi. Questo obbligo riguarda anche gli edifici di nuova costruzione e quelli già esistenti alla data di entrata in vigore del decreto (9 maggio 2019), se soggetti al rifacimento di almeno il 50% della superficie delle facciate (con l’eccezione degli edifici per i quali siano in corso lavori sulla base di un progetto approvato dal comando provinciale dei vigili del fuoco o siano già in possesso degli atti abilitativi rilasciati dalle competenti autorità). D’altronde, proprio in questo periodo, è in corso un grosso rilancio dell’edilizia di riqualificazione e rigenerazione dei condomini, potendo usufruire delle agevolazioni del Superbonus 110%, che prevede l’applicazione del cosiddetto “cappotto termico” sulle facciate opache degli edifici.

A tale scopo risultano essenziali il controllo e la verifica dei “Requisiti di sicurezza antincendio delle facciate negli edifici di civile abitazione” come previsto dal già citato dm del 25 gennaio 2019, in particolare all’art.2 dove vengono specificati gli obiettivi da raggiungere. Vediamo nel dettagli gli obiettivi posti dal decreto:

  1. a)limitare la probabilità di propagazione di un incendio originato all’interno dell’edificio, a causa di fiamme o fumi caldi che fuoriescono da vani, aperture, cavità verticali della facciata a coinvolgere altri compartimenti sia che essi si sviluppino in senso orizzontale che verticale, all’interno della costruzione e inizialmente non interessati dall’incendio;
  2. b)limitare la probabilità di incendio di una facciata e la successiva propagazione dello stesso a causa di un fuoco avente origina esterna, ad esempio un incendio in edificio adiacente oppure da un incendio a livello stradale o alla base dell’edificio;
  3. c)evitare o limitare, in caso d’incendio, la caduta di parti di facciata(frammenti di vetri o di altre parti comunque disgregate o incendiate) che possono compromettere l’esodo in sicurezza degli occupanti l’edificio e l’intervento delle squadre di soccorso.

Pertanto è compito dell’amministratore di condominio quello di predisporre periodici interventi di manutenzione, sia per i sistemi attivi antincendio (idranti, sprinkler, estintori, ecc.) sia peri sistemi antincendio passivi per mantenere inalterati i requisiti di resistenza ed impermeabilità al fuoco delle strutture Rei e delle compartimentazioni, ove presenti.

di Andrea Magazzù, ingegnere per il Magazine Condominio Zero Problemi

Decreto ingiuntivo e annullabilità della relativa delibera

CHI DECIDE LA NULLITA’ DELLA DELIBERA CONDOMINIALE? COSA HA DECISO LA CASSAZIONE

Con la sentenza numero 9839 la Cassazione è intervenuta nel merito cercando di stabilire se il giudice che emette il decreto ingiuntivo contro un condomino possa o meno decidere anche della annullabilità della relativa delibera. Ecco cosa hanno stabilito i giudici

Il decreto ingiuntivo emesso, su richiesta dell’amministratore, da un giudice nei confronti di un condomino moroso nel pagamento degli oneri condominiali, consente a quest’ultimo di poter fare opposizione se, ad esempio ,la delibera, posta alla base del provvedimento monitorio fosse inficiata da vizi di nullità o di annullabilità.

Fino a prima di un recente intervento della Corte di Cassazione, per poter far valere l’invalidità della delibera il condomino opponente avrebbe dovuto, in un caso simile a quello citato, ottenere un giudizio “autonomo”, ovvero emesso da un altro giudice rispetto a quello che ha emesso il decreto ingiuntivo. Quest’ultimo infatti non avrebbe potuto sindacare la validità della delibera posta a fondamento del decreto ingiuntivo, neppure in via incidentale, essendo il giudizio sulla validità della delibera riservato ad altro giudice dinanzi al quale la delibera viene impugnata (Cass. SU sent. n. 26629/2009; Cass., sent. n. 3354/2016; n. 8685/2019).

In altre pronunce, tuttavia, gli stessi giudici avevano disposto, invece, che il giudice dell’opposizione potesse rilevare d’ufficio la nullità del provvedimento “quando si controverta in ordine all’applicazione di atti (delibera d’assemblea di condominio) posti a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo, la cui validità rappresenta elemento costitutivo della domanda” (Corte di Cassazione, ordinanza n. 16389/2018, sent. n. 305/2016, sent. n. 23688/2014 e n. 1439/2014).

In pratica, poteva essere sottoposto allo stesso giudice dell’opposizione anche il giudizio di invalidità della delibera ma solo per vizi di nullità e non invece quelli di annullabilità per i quali, invece, si doveva procedere con un giudizio separato.

Sul tema è intervenuta con una recente sentenza delle sezioni unite, la suprema Corte di Cassazione (sentenza n.9839/2021)che ha riconosciuto al giudice dell’opposizione la possibilità di sindacare la validità della delibera consentendogli anche di definire, nello stesso giudizio, tutte le questioni di nullità e annullabilità. Un intervento voluto sia per evitare un eventuale contrasto tra giudicati ma anche per ragioni di economia processuale che spingono ad evitare la moltiplicazione dei giudizi.

La validità della delibera posta a fondamento dell’ingiunzione costituisce il presupposto necessario per la conferma del decreto: non può quindi precludersi al giudice dell’opposizione di accertare, ove richiesto o dovuto, la sussistenza del presupposto necessario per la pronuncia di rigetto o di accoglimento dell’opposizione.

Il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via di azione- mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione in opposizione – ai sensi dell’art. 1137, secondo comma del codice civile nel termine perentorio previsto e non in via di eccezione.

di Luana Tagliolini, giornalista per il Magazine Condominio Zero Problemi

 

Il caso concreto

(Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza n.9839/2021)

Il Condominio ricorre per ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti di uno dei condomini cui veniva richiesto il pagamento delle spese sostenute per lavori di impermeabilizzazione del lastrico solare.

Il condomino proponeva opposizione al decreto ingiuntivo e ne chiedeva la revoca, eccependo la nullità delle delibere assembleari invocate per violazione dei criteri legali di riparto delle spese condominiali. Il Tribunale di Messina rigettava l’opposizione.

La Corte di Appello confermava la pronuncia e rilevava che il condomino non aveva impugnato la delibera de quo per cui il giudizio di invalidità della stessa era precluso nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Inoltrato il ricorso in Cassazione, alla luce dei principi enunciati, le sezioni unite rilevavano che la corte territoriale aveva errato affermando di non poter sindacare la nullità e l’annullabilità delle delibere assembleari poste a fondamento dell’ingiunzione.

Ciò stante, i giudici osservavano che la sentenza d’appello non poteva essere cassata perché le delibere assembleari invocate nel giudizio in esame sarebbero annullabili e non nulle e, pertanto, il ricorrente avrebbe dovuto esercitare l’azione di annullamento nei modi e nei tempi previsti dall’art. 1137c.c., mentre la mancata proposizione del giudizio implicava il necessario rigetto del ricorso per cassazione.

di Luana Tagliolini, giornalista per il Magazine Condominio Zero Problemi

Il portiere del condominio quando può usufruire delle ferie?

GUAI A SALTARE LE FERIE
Doveri e obblighi del condominio riguardo alle ferie dei portieri. A violare le norme si rischia parecchio. Occhio alle date però, le ferie a Natale o in estate hanno limiti precisi.

Ogni anno entro il 30 giugno devono essere fruite le ferie residue. Nel caso del 2021 parliamo delle ferie maturate nel 2019, pertanto i datori di lavoro sono chiamati a verificare la corretta fruizione delle ferie non godute.

In base al dlgs n. 66 del 2003,se il dipendente non esaurisce le ferie obbligatorie maturate nel 2019 entro il 30 giugno 2021, viene prevista una sanzione per la mancata fruizione delle ferie entro i termini previsti dalla norma, la sanzione è calcolata secondo questa casistica:

  1. da € 100,00 a € 600,00 per ciascun lavoratore in violazione;
  2. da € 400,00 a € 1500,00 se la violazione si è verificata per almeno due anni e per più di cinque dipendenti;
  3. da € 800,00 a €4500,00 se la violazione si è verificata per almeno quattro anni e per più di 10 dipendenti.

A livello economico, dovranno essere anche calcolati i contributi Inps dovuti sulle ferie maturate e non godute entro la scadenza. Le somme dovranno essere versate con modello F24 insieme ai contributi derivanti dalle retribuzioni dei dipendenti relative al mese successivo a quello in cui è riferito il termine, precisamente il mese di luglio 2021. I contributi dovranno essere denunciati all’Inps con l’invio periodico del “modello Uniemens”, successivamente nel mese di effettiva fruizione, il datore di lavoro non dovrà versare ulteriori contributi in quanto già pagati precedentemente

E’ importante ricordare che le ferie sono un diritto irrinunciabile e non è possibile monetizzare la parte residua di ferie non godute, il legislatore ha ulteriormente consolidato il principio di irrinunciabilità del diritto al godimento delle ferie con il dlgs n.213/2004 al fine di garantire e tutelare il recupero psicofisico e il corretto equilibrio tra vita privata e attività lavorativa.

 

Il decreto prevede dei vincoli fondamentali, quali, l’obbligo di far godere due settimane consecutive di ferie entro l’anno solare di maturazione e l’obbligo di concedere le ulteriori due settimane entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione, i Ccnl possono prevedere condizioni di maggior favore.

La maturazione delle ferie rimane in vigore anche:

  • nei periodi di assenza per infortunio o malattia;
  • nei periodi di astensione obbligatoria per maternità;
  • nei periodi di assenza per funzioni presso seggi elettorali;
  • nei periodi di riduzione dell’orario di lavoro.

Non sono computabili

  • I periodi di astensione di congedi parentali;
  • per malattia bambino,
  • nei periodi di sospensione totale dell’attività lavorativa per Cig;
  • per periodi di aspettativa concessi a lavoratori per ricoprire cariche sindacali, e funzioni pubbliche elettive.

Il periodo contrattuale di ferie annuale è stabilito in 26 giorni lavorativi, sono escluse le domeniche e le festività nazionali, infrasettimanali, e il santo patrono della città.

Nel Ccnl “Portieri e Custodi di Immobili”, i dipendenti hanno diritto ogni anno a 26 giorni di ferie, escludendo le domeniche, le festività nazionali e infrasettimanali e quelle del santo patrono, naturalmente la retribuzione a cui il portiere avrà diritto sarà pari a quella che normalmente percepisce nei mesi di lavoro.

  • Il portiere può decidere di scegliere metà del periodo di ferie da fruire nell’arco dell’anno, ad esclusione dei periodi che vanno dl 1luglio al 31 agosto, e dal 20 dicembre al 10 gennaio. Questa limitazione è dovuta alla particolare prestazione che il portiere svolge all’interno del condominio in particolar modo nei periodi estivo (come previsto nell’art. 82del Ccnl di settore).La scelta deve essere comunicata all’amministratore almeno tre mesi prima.
  • Per l’altra metà di ferie spetta all’amministratore sentita l’assemblea comunicare al portiere il periodo di ferie.

L’amministratore di condominio, sentita l’assemblea, può accordare al portiere in via eccezionale uno o più giorni di ferie a ridosso dei periodi di luglio e agosto, e tra dicembre e gennaio. È inoltre possibile nominare un sostituto, la cui decisione e la scelta spetta all’amministratore che dovrà assumere con regolare contratto subordinato a tempo determinato il sostituto, anche se convivente con il titolare. In caso contrario il Ccnl prevede che venga riconosciuta al sostituto un’indennità sostitutiva dell’alloggio.

Come spiegato in precedenza ribadiamo che le ferie sono un diritto irrinunciabile (art. 36 della Costituzione), pertanto non è possibile monetizzare la parte di ferie non fruita, Tale atteggiamento è reso illegittimo dall’articolo 10 del dlgs 66/2003 (e a livello europeo dalla direttiva 93/104/Ce), dove si vieta che il periodo minimo legale di quattro settimane di ferie possa essere sostituito dalla relativa indennità sostitutiva.

L’indennità è prevista solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro spetterà al lavoratore un’indennità pari alla retribuzione globale di fatto dovuta per le giornate di ferie non ancora godute e maturate fino alla data del termine del rapporto di lavoro.

di Marina Parente, consulente del lavoro per il Magazine Condominio Zero Problemi

 

Le multiproprietà: Una forma di condominio particolare

I DOVERI CONDOMINIALI IN MULTIPROPRIETÀ
Le multiproprietà non hanno solo il regolamento di condominio bensì anche un regolamento di multiproprietà che si accetta automaticamente con l’acquisto. Una forma di condominio particolare che ha diversi profili da analizzare.

La multiproprietà è un fenomeno assai diffuso e noto, con il quale una singola unità immobiliare è acquistata da più proprietari, i quali vedono regolato a turno il proprio diritto di godimento.

I singoli acquirenti pur godendo dell’identico diritto di proprietà tra loro, possono godere del bene esclusivamente nel determinato periodo di tempo acquistato (da qui la definizione di “diritto ad eclissi” ossia una proprietà senza termini di durata ma periodica nel suo esercizio), quindi ai (multi)proprietari compete un diritto pieno ed indiscusso ma il cui esercizio è temporalmente limitato al periodo scelto, di solito a settimane.

Possiamo pensare alla classica casa in montagna che viene goduta nei mesi estivi ed invernali, con quote variabili di valore in base ai picchi di stagionalità, che il venditore applica (una settimana della villa al mare varrà più nei mesi estivi che non in quelli autunnali o invernali).

Si tratta di un assetto particolare in quanto la singola unità, a sua volta, è inserita in un complesso dotato di parti comuni, come un residence o una casa vacanze, e generalmente dotato anche di servizi comuni come piscina, campi da tennis, calcio, palestra ecc.

IL REGOLAMENTO DI COMUNIONE

Non trattandosi di proprietà singola, la gestione della singola unità in comproprietà andrà regolamentata mediante apposito regolamento di comunione o di multiproprietà, nel quale si stabiliscono modalità di godimento e gestione, obblighi di inventario e custodia degli arredi, di pulizia finale, divieti di danneggiamento o adibizione a diversa destinazione d’uso, ma anche le modalità di espressione del voto e delle scelte tra i comproprietari.

Accettato il regolamento, l’unità dovrà affrontare delle scelte (si pensi alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell’unità o dell’intero stabile),che dovranno essere raccolte e manifestate all’eterno (il condominio dello stabile), generalmente conferendo mandato ad un gestore, spesso individuato nel venditore della multiproprietà, che diventa nei rapporti esterni rappresentante dei multiproprietari.

La complessità degli edifici adibiti a multiproprietà comporta che il singolo titolare di quota, tramite il rappresentante nominato, partecipi della vita e delle spese relative all’unità acquistata ma anche di quelle relative al complesso nel quale è inserita.

Acquistando la quota di multiproprietà si accetta, oltre al citato regolamento di multiproprietà, anche il regolamento di condominio per il complesso edilizio in cui la singola unità è inserita, per la gestione delle parti comuni, dal momento che in presenza di più di otto unità, la nomina di un amministratore diventa obbligatoria.

A CHI SPETTANO LE SPESE COMUNI DI UNA MULTIPROPRIETÀ

E così le spese di gestione condominiale delle parti comuni saranno ordinariamente ripartite tra le varie unità in base alle tabelle millesimali del condominio, ma all’interno della singola unità la quota sarà ulteriormente suddivisa in frazioni di millesimi su base periodica, per poter meglio essere adattate alle diverse carature dei periodi. Il singolo multiproprietario pagherà così la quota spettante al suo immobile in base alla durata e stagionalità del periodo prescelto ed al relativo valore.

Trattandosi di particolare modalità di fruizione della proprietà del bene, sarà necessario visionare prima di accettare i due regolamenti (quello di multiproprietà e quello di condominio), con le relative diverse tabelle di ripartizione delle spese, ed avere bene a mente le possibilità di manifestazione del proprio voto in merito alle scelte comuni (per la singola unità) e condominiali, per le quali porre attenzione a una corretta gestione da parte dell’amministratore.

di Fabrizio Pacileo, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi

La convocazione dell'assemblea condominiale

CHI DEVE ESSERE CONVOCATO IN ASSEMBLEA?
Locatari, eredi, proprietari, usufruttuari e persino società di leasing. I soggetti chiamati sono convocabili in assemblea di condominio. Ma hanno tutti davvero diritto di partecipare e votare? Vediamo caso per caso cosa ha stabilito la giurisprudenza.

Chi sono i soggetti che debbono essere convocati in assemblea?

La domanda è tutt'altro che semplice e nemmeno certa in relazione ai soggetti astrattamente convocabili.

La legge 220/2012 sembrerebbe aver modificato, ampliandolo, il novero dei soggetti passivi, cioè dei destinatari dell'avviso di convocazione dell'assemblea di condominio. Infatti il ​​sesto comma dell'art. 1136 del codice così civile come modificato dalla legge di riforma, dispone che l'assemblea non possa deliberare “ se non consta che tutti gli  aventi diritto”  siano stati convocati. La stessa formula “ aventi diritto”  è stata ripetuta dal legislatore nel quarto comma dell'art. 66 delle disposizioni attuative del codice civile laddove dispone che l'amministratore possa fissare più consecutive “ convocando gli  aventi diritto ”.  Quindi è stata eliminata la parola “ condomini” ed è stato sostituito con la più ampia dicitura “ aventi diritto ”. Dobbiamo quindi capire chi sono oggi “gli aventi diritto”. Partiamo dai punti fermi.

Proprietario. Nulla è cambiato per quanto riguarda la necessaria convocazione del condominio intestatario della proprietà dell'unità immobiliare, così come, nell'ipotesi di un bene in comproprietà, nessuno convoca che debbano essereti tutti i condomini comproprietari.

Usufruttuario, usuario e titolare del diritto di abitazione. Permane sempre l'obbligo di convocare l'usufruttuario per le domande di ordinaria amministrazione.

L'art. 1026 del codice civile parifica all'usufruttuario, l'usuario e il titolare del diritto di abitazione, per cui anche a questi soggetti dovrà essere inviato la convocazione quando sono all'ordine del giorno domande attinenti l'ordinaria amministrazione.

Contratto preliminare di compravendita. Il trasferimento del bene immobile avviene con il rogito notarile o con una sentenza del tribunale. Pertanto il contratto preliminare di compravendita, che è soltanto una promessa di vendere e di acquistare, non muta le posizioni giuridiche dei soggetti. Quindi il conferimento della convocazione è sempre il proprietario promittente venditore. A lui va inviata la convocazione.

Eredi. In caso di decesso del condominio l'avviso può essere inviato in modo collettivo e impersonale agli eredi nel domicilio del condomino deceduto, fino ad un anno dalla data della morte. Poi è necessario fare delle indagini e individuare gli eredi. La pronta e fattiva collaborazione degli eredi sarebbe doverosa e logica, ma tutti sappiamo che fin troppo spesso non è così.

Custode giudiziario Qualora l'immobile sia oggetto di esecuzione immobiliare, il custode dal tribunale nominato dovrebbe osare la pronta comunicazione della propria nomina all'amministratore del condominio. altresì specificare che non saranno ritenute spese bili in prededuzione quelle relative a spese non espressamente autorizzate dal tribunale. La convocazione dovrà essere inviata al custode quale potrà partecipare alle assemblee condominiali personale o a mezzo delega.

Il condominio parziale. La suprema Corte di Cassazione ha avuto più volte modo di chiarire che “  l'esistenza del condominio parziale è ritenuta possibile sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza  (si vedano Cass. 27.2.1995 n. 7885; 2.2.1995 n. 1255; 29.10 .1992 n. 11775; Sez. Un. 7.7.1993 n. 7449 ) allorché all'interno del cosiddetto condominio allargato talune cose – qualificate come comuni ex art. 1117 cc – siano per oggettivi caratteri materiali e funzionali necessarie per l'esistenza o per l'uso, ovvero siano destinati all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio, ma di una sola parte o di alcune unità abitative di esso ” (così  Cass. 02.12.2001 n. 1959). In forza e come conseguenza logica del principio generale sull'imputazione delle spese condominiali posto dall'art. 1123 del codice civile, terzo comma (esplicazione pratica del condominio parziale) la gestione è di spettanza innanzitutto dell'amministrazione condominiale e poi anche dei condomini che utilizzano in esclusiva il bene. Ebbene, se alcuni condomini non sono tenuti a sostenere alle spese relative a e/o servizi di cui non fruiscono,  è del tutto evidente che  gli stessi condomini non hanno il diritto di partecipare all'assemblea e non hanno il diritto di votare. In questi casi quindi la convocazione dovrà essere inviata soltanto ai condomini interessati. Nulla vieta che l'argomento possa essere tratto in un'assemblea generale alla quale siano stati chiamati tutti i condomini. In tal caso, quando si tratterà l'argomento relativo ad un bene comune solo ad una parte dei condomini, saranno solo questi ultimi a votare.

Conduttore. Per questo argomento invece sono sorti nuovi e più forti contrasti.

Secondo alcuni studiosi la formulazione dei nuovi testi dell'articolo 1136 del codice civile, al sesto comma, e dell'articolo 66 delle relative disposizioni attuative determina l'obbligo per l'amministratore del condominio di convocare in assemblea direttamente anche i conduttori dei proprietari degli immobili siti nel condominio, per quelle materie indicate dall'art. 10 della legge 392/78.

Il ragionamento che essi esprimono è fondato sul fatto che i conduttori hanno il diritto di partecipare all'assemblea, ed anzi, nelle materie menzionate dalla legge,  addirittura hanno il diritto di votare , cosicché essi rientrerebbero a pieno titolo nella categoria degli “aventi diritto” ad essere convocati di cui agli articoli 1136 cc e 66 delle disposizioni attuative.

Esiste poi un secondo orientamento più conservatore, al quale aderisce il sottoscritto.

Lo ritengo tuttora valido perché da una ricca giurisprudenza della Corte di Cassazione che, seppure risalente a prima della riforma, risulta ancora applicabile.

Come già scritto sopra l'articolo 10 della legge 392/1978 dispone che il conduttore abbia il diritto di voto nel luogo del proprietario dell'appartamento per le spese e le modalità di gestione dei servizi di  riscaldamento e di condizionamento d'aria.

Si tratta di un'ipotesi di raccordo legale del conduttore al localizzatore-condomino ispirato dal principio che, per ciò che attiene al servizio di riscaldamento e di condizionamento d'aria, il conduttore fosse maggiormente interessato.

Ebbene la Corte di Cassazione ha puntualizzato “che quella prevista dall'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 è ​​un'assemblea condominiale allargata alla partecipazione per determinate materie (spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento dell'aria), dei conduttori, quali su queste, deliberano in luogo dei condomini. Si tratta di un'ipotesi di sostituzione legale del conduttore al localizzatore. Ispirata dal principio che, poiché le spese di riscaldamento gravano su di lui, (art. 9 della legge 392/78), il conduttore è maggiormente interessato alle relative deliberazioni. Ne consegue che le sopra indicano disposizioni si conduttori solo ai rapporti tra locatore e conduttore, mentre il condominio essendo di un'azione diretta nei confronti dei conduttori tant'è che l'art. 5 della legge stessa prevede la risoluzione del contratto di locazione, (Cass. Civ. 13-1-2008 n. 384). L'art. 10 della L. 27 luglio 1978, n. 392 , prevede con norma eccezionale, un'ipotesi di alloggio legale del conduttore al proprietario nelle assemblee dei condòmini convocate per deliberare sulle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento d'aria, non ha comportato modificazioni al disposto dell'art . 66 att. cc, che disciplina la comunicazione dell'avviso di condòmini, con la conseguenza che  tale avviso deve essere comunicato al proprietario e non anche al conduttore dell'appartamento, restando solo lo stesso proprietario tenuto ad informare il conduttore dell'avviso di convocazione ricevuto dall'amministratore, senza che le conseguenze della mancata convocazione del conduttore potrebbero farsi ricadere sul condominio, che rimane estraneo al rapporto di locazione .”. (Cas. n. 4802/1992)

Secondo la giurisprudenza sopra richiamata, anche nel caso in cui si deve deliberare “ sulle spese e sulle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento ”,  non c'è l'obbligo per l'amministratore di convocare in assemblea i conduttori  e secondo la quale i conduttori possono impugnare le delibere assunte in quella materia sia ancora valida.

La più volte menzionata riforma apportata al testo degli articoli 1136 cc e 66 disp. att. cc risulta irrilevante per quanto concerne le conclusioni cui sono pervenute le sentenze di cui sopra, che negano che l'amministratore sia obbligato a convocare in assemblea i conduttori.

Al conduttore è riconosciuto dalla legge solo il diritto di partecipare e di intervenire in assemblea, e in casi di votare, ma  nessuna norma prevede alcuni espressamente il suo diritto di essere convocato nella stessa parte da dell'amministratore .

Tale diritto, con il relativo obbligo, è da rinvenirsi, invece, esclusivamente, nel rapporto locatore-conduttore, con la conseguenza che a doversi preoccupare di avvisare il conduttore di partecipare all'assemblea, come ha più volte stabilito la giurisprudenza, è solo e solo il proprietario-locatore.

Il rapporto locativo – come i giudici hanno avuto cura di precisare, per esempio in materia di pagamento delle spese di amministrazione – è infatti totalmente estraneo alle vicende condominiali.

Questa tesi risulta essere confermata, seppure in modo indiretto, dalla recente sentenza della Corte di Cassazione del 5 gennaio 2018 n. 151, la quale ha statuito che i soggetti legittimati ad impugnare le delibere sono i titolari di diritti reali. Quindi non i conduttori , dei quali quindi è stata ribadita la posizione subalterna al condominio titolare di diritti reali.

Il contratto di locazione. Seppure il soggetto interessato direttamente a partecipare alle assemblee sia l'utilizzatore o il conduttore (è lui che dovrà pagare) ritengo, per quanto detto sopra, che deve essere inviato alla società di leasing, al condomino.

di Ferdinando Della Corte, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi